Passa il tempo, i riflettori si spengono: sulla terra dei fuochi sembra quasi tornare il silenzio che, per decenni, ha contribuito a rendere questi luoghi una “nuova Chernobyl”, come qualcuno l’ha definita.
Si sa anche il giornalismo è spesso fatto di mode: ci sono temi che non interessano più, che sbiadiscono nell’arco di mesi, a volte anche meno.
Eppure, qualcuno non rinuncia a tenere acceso l’interesse per il degrado inarrestabile cui sta andando incontro la nostra Campania Felix.
“Campania Mortis” è il nome del nuovo libro di Ivan Zippo, presentato ieri pomeriggio alle ore 17:30 presso la biblioteca dell’ISIS Torrente a Casoria. Il romanzo è un horror che, attraverso la fantasia dell’autore, mette in luce i confini della crudeltà umana, lasciandoci senza fiato nell’analizzare fino a che punto può spingersi la natura dell’uomo.
A presentarlo, il nostro direttore, Ferdinando Troise.
Nella sua presentazione, il direttore Troise ha messo in luce i punti di contatto tra il mondo distopico descritto dall’autore e l’attuale realtà della terra dei fuochi: analogie tanto veritiere da gettarci quasi nel dubbio circa i confini tra invenzione letteraria e realtà, tanto sottili da non farci distinguere più Castelvolturno (dove il romanzo è ambientato) dalla nostra Casoria e, più in generale, da ogni comune assoggettato al terribile supplizio dello smaltimento illegale dei rifiuti.
“Dannata, sfortunata, violentata, stuprata”: questi gli aggettivi che, secondo il nostro direttore, si adattano meglio a descrivere la nostra città, ormai martire di mali che non le appartengono, che le sono stati imposti dalla criminalità, dalla cattiva amministrazione, dall’indifferenza che sembra dilagare come il virus di cui si parla nel romanzo e che trasforma i normali cittadini in zombie.
La presentazione è stata anche l’occasione per ricordare e discutere di avvenimenti coperti dal silenzio e che gettano solo un ulteriore strato di vergogna su chi, la questione dei rifiuti tossici, avrebbe dovuto tentare di risolverla: si è parlato della questione dell’Enichem che avrebbe dovuto attuare una bonifica, probabilmente mai fatta o fatta male; degli imprenditori che avrebbero voluto cedere al Sud Africa i rifiuti in eccesso.
Cuore della presentazione è una domanda fatta dal nostro direttore, una domanda che non possiamo definire retorica: delle domande retoriche si conosce già la risposta, di questa, invece, la soluzione è incerta, forse già conosciuta, ma con ogni probabilità sepolta ancora sotto la speranza di una risposta positiva e risolutoria. Chi paga per le ferite inferte alla mia terra?