Abbiamo ascoltato spesso in questi giorni, a proposito delle rivolte nate in Egitto, Tunisia, Libia, il termine “rivoluzione” che, secondo vari analisti potrebbe diffondersi in anche altri Paesi, a cominciare dalla Siria.
Per noi non è corretto utilizzare una parola così radicale che, nell’interpretazione estensiva, significa trasformazione che si verifica in un settore d’attività o che investe la mentalità, la morale. Il termine rivoluzione andrebbe attribuito a fenomeni che sconvolgono la vita delle persone di una comunità, non al semplice rivolgimento dei protagonisti che detengono il potere in un determinato periodo storico. Un’oligarchia scaccia quella precedente e si insedia al comando: questo è avvenuto, altro che rivoluzioni!
Queste ultime cambiano completamente la vita delle persone. La vera rivoluzione, per la nostra ONG quotidianamente impegnata nella cooperazione internazionale, è portare la vita dove essa non c’è o viene calpestata.
La nostra rivoluzione è il progetto per il recupero delle terre fortemente desertificate nel Sahel Burkinabè, che punta a ridare fertilità a terreni potenzialmente produttivi e, quindi, dare la vita a tante persone. L’aridità del deserto rappresenta la morte, la cancellazione di ogni prospettiva, recuperare la terra significa garantire l’alimentazione ed il ciclo naturale di luoghi spenti dalla desertificazione.
La terra come l’acqua sono risorse essenziali e fondamentali per costruire una vita dignitosa; perciò siamo impegnati anche nel progetto “Water & Sanitation a Dori” che ha lo scopo di potenziare il sistema igienico-sanitario della comunità di Dori.
E’ fare la rivoluzione per noi anche portare il diritto all’istruzione dove non è garantito, impegnarci per costruire le scuole o per migliorare quelle che ci sono.
“La scuola è un regalo per la vita”, la cultura permette alle stesse comunità di riappropriarsi della vita dove viene calpestata o addirittura cancellata, quindi, consente di fare la rivoluzione, quella vera!