Da giorni i magistrati e le opposizioni invocavano un suo intervento contro le pesanti accuse rivolte da Silvio Berlusconi e dai suoi sostenitori ai giudici, alla funzione giudiziaria e alla Consulta. Il manifesto di Milano, nel quale i magistrati sono equiparati ai sanguinari terroristi delle Brigate Rosse (”una ignobile offesa”) e’ stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ha innescato reazioni sempre piu’ accese. E cosi’ Giorgio Napolitano, visto che l’iniziativa non e’ stata sconfessata, ha rotto il silenzio. In una nota ufficiale ha esternato sdegno e allarme, ha chiesto ”senso della misura e della responsabilita’ da parte di tutti” paventando il rischio di una rischiosissima”degenerazione” della situazione. Poche volte il capo dello Stato si era schierato cosi’ nettamente, e ha spiegato perche’ lo ha fatto: iniziative come quella del manifesto con la scritta ”fuori le Br dalle Procure” indicano ”come nelle contrapposizioni politiche ed elettorali, e in particolare nelle polemiche sull’amministrazione della giustizia, si stia toccando il limite oltre il quale possono insorgere le piu’ pericolose esasperazioni e degenerazioni. Di qui il mio costante richiamo al senso della misura e della responsabilita’ da parte di tutti”.
Insomma, Napolitano dice che se si continua cosi’ non sara’ piu’ possibile affrontare i problemi del paese sulla base delle regole e del confronto indispensabile fra le forze politiche, ci saranno solo scontro e conflittualita’. A chi conviene spingere su questa strada?, sembra chiedere il capo dello Stato. L’episodio del manifesto di Milano e’ centrale e dirimente nella presa di posizione di oggi e porta Napolitano a una ferrea difesa della magistratura rispetto a quella che definisce una ”ignobile provocazione”, ”una intollerabile offesa”. Come si fa a recare un’offesa cosi’ grave alla memoria dei dieci magistrati uccisi dai terroristi negli ‘anni di piombo’? Vittime che Napolitano ricorda uno per uno: Emilio Alessandrini, Mario Amato, Fedele Calvosa, Francesco Coco, Guido Galli, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Vittorio Occorsio, Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione. Ricorda che questi ”servitori dello Stato hanno pagato con la vita la loro lealta”’. Ricorda che il gesto offensivo ha la palese paternita’ di ”una cosiddetta ”Associazione dalla parte della democrazia”, e che l’iniziativa del manifesto e’ stata dichiaratamente ”di un candidato alle imminenti elezioni comunali nel capoluogo lombardo”. Dice, in sostanza, che certe cose non si possono lasciar correre, quanto meno in sede politica. L’offesa recata a questi giudici merita una riparazione, e Napolitano la offre annunciando che la cerimonia solenne che si svolge ogni anno al Quirinale il 9 maggio in ricordo di tutte le vittime del terrorismo e delle stragi quest’anno sara’ dedicata ”in particolare” proprio a loro. Si svolgera’ alla presenza dei loro famigliari e dei vertici degli uffici giudiziari presso cui lavoravano (Genova, Milano, Salerno e Roma). In questi giorni Napolitano ha cercato la forma piu’ appropriata per intervenire, rispetto all’allarmante spirale di contrapposizione politica e di attacchi alla magistratura, mantenendo la sua veste istituzionale di primo cittadino della Repubblica, muovendosi cio’ in una veste super partes e su un terreno diverso da quello proprio della competizione politica. Lo ha trovato in questa cerimonia. Il presidente della Camera Gianfranco Fini e tutte le opposizioni hanno applaudito il presidente della Repubblica. Il centrodestra ha incassato in
silenzio.