Si fa sempre apprezzare, per gli interessantissimi contributi scritti da valenti studiosi di storia e tradizioni locali, arte e architettura, la rivista “Archivio Afragolese”, fondata e diretta dal docente universitario avv. Marco Dulvi Corcione, che si avvale delle qualificate competenze del prof. Francesco Giacco, ricoprente il ruolo di Direttore responsabile. L’elevato valore culturale del Periodico risiede nella capacità di esaltare e valorizzare le “radici” nelle quali una comunità cittadina riconosce se stessa,di focalizzare in ogni numero l’”idem sentire”, così da riscoprire la propria identità sociale, condizione indispensabile per sviluppare coesione e promuovere il senso della civitas per la cura del bene comune.
L’ ammirevole e determinato impegno del Comitato di redazione (C. Pasinetti – coordinatore- , V. Alaia, F. Buononato, C. Cerbone, M.Corcione, R.Cossentino, V. Cuomo, G. Esposito, S. Franco, F. Giacco, R. Orefice, G. Piccirillo, R. Rizzuto, G. Sangermano) di rendere viva e vitale con articoli, saggi e ricerche, la memoria storica del popolo afragolese e non solo, costituisce un servizio formativo quanto mai necessario nel tempo dell’oblìo storico e della globalizzazione, in cui si smarriscono i costumi e le specifiche diversità e si ignorano i valori ai quali fare riferimento per orientare le future generazioni verso i valori civici, la tutela del territorio, il rispetto di ciò che appartiene a tutti e, quindi,a ciascuno.
I lavori pubblicati dalla preziosa Rivista, dunque, pur diversi per i contenuti che trattano, sono accomunati, a mio avviso, da un’unica consapevolezza che connota l’encomiabile impegno dei redattori: la sensibilità e la formazione del cittadino di domani devono essere in condizione di riconoscere e amare la qualità delle peculiari tradizioni storiche, culturali e religiose dell’ambiente in cu i si è nati. Nel più piccolo dei paesi, infatti, c’è una storia segnata dalle vie, dal palazzo comunale, dalle piazze, dai castelli, dalle chiese e cappelle; da queste “patrie particolari”, di cui scriveva Carlo Cattaneo, si può risalire all’arte dei grandi maestri. (Si legga, al riguardo, lo studio di Antonio Silvestro “Arret ‘a Torre”). Il degrado, allora, del nostro patrimonio storico – artistico, la mancanza di decoro dei nostri centri urbani sono il prodotto avvilente di un’indifferenza riconducibile a una mancata educazione al valore storico, civile ed etico – spirituale di varie tipologie di manufatti, che secoli di storia ci hanno lasciato alle spalle. Sicuramente, la prestigiosa Rivista colma, in tal senso, un grave vuoto educativo che ha provocato e continua, purtroppo, a causare abusivismo, incultura generalizzata, dilapidazione e distruzione delle vestigia in cui è racchiuso il DNA di una comunità territoriale. Come non rimanere stupiti, leggendo il numero 28 di Archivio Afragolese (l’ultimo dell’annata in ordine di uscita), dall’articolato e approfondito studio dell’architetto Catello Pasinetti su “La chiesa di San Giorgio Martire ad Afragola”. Si resta colpiti dalla capacità dell’Autore di narrare in maniera esaustiva, con un richiamo attento alle fonti, a dimostrazione di un ricerca accurata, la storia del Tempio e di descriverne in maniera dettagliata e meticolosa la struttura esterna ed interna, le cappelle e le opere artistiche che vi sono contenute: un esemplare lavoro che pone in evidenza la stretta correlazione tra fede, arte e cultura, richiamante, a mio parere, la necessità di promuovere in ogni località del “Belpaese”, quindi anche nell’amata Afragola, il turismo religioso abbinato a quello culturale. Di spiccato spessore storico anche il testo “Uno sguardo su Afragola normanna” in cui l’autore Antonio Silvestro spiega,con il supporto di alcuni documenti, che la Città, “come realtà urbana, sia pure modesta, è esistita già prima dell’insediamento del potere normanno.
Un altro motivo qualificante della Rivista è di far emergere dalle ceneri della dimenticanza sia personaggi locali, distintisi nel campo della cultura e delle arti, sia eroi “comuni”, capaci di vivere l’ordinario della loro esistenza, fatta di lavoro duro, sacrifici e stenti in maniera straordinaria. Rispetto ai primi, nel numero 28 è stato pubblicato lo studio su “Gli interventi di Angelo Mozzillo per gli eremi camaldolesi di Napoli e
Visciano”, di Franco Pezzella. Lo Studioso illustra con impareggiabile acume una serie di affreschi commissionati dai monaci camaldolesi all’Artista afragolese per gli eremi di Napoli e Visciano, il quale, rifacendosi alla biografia di S. Romualdo raccontata da San Pier Damiani, eseguì “rappresentazioni pittoriche di alcuni episodi di vita del santo eremita” ; Pezzella, inoltre, si sofferma sulla “rappresentazione, operata dal Mozzillo nelle lunette, dei santi camaldolesi, raffigurati con i rispettivi attributi iconografici”: San Mauro e San Bernardo di Chiaravalle. L’Autore, dunque, come già Pasinetti, è riuscito nel suo lavoro a coniugare la dimensione spirituale e mistica con quella culturale, consentendo al lettore di immergersi nelle radici del passato e di conoscere, attraverso le vestigia esteriori, la vita movimentata di S. Romualdo. Si è avuta, pertanto, una conferma, leggendo il n° 28 del Progetto editoriale sostenuto dall’imprenditore Claudio Grillo, sia del valore intrinseco delle Opere custodite nei luoghi sacri di Afragola, sia della spiritualità di cui sono permeate, stimolando il lettore ad avviare e/o a continuare una personale ricerca di Dio attraverso le tracce di Santi che hanno vissuto e operato per rendere gloria al Signore. Rispetto agli eroi “comuni”, cui poc’anzi ho accennato, è da segnalare, nella sezione “Profili biografici” l’ articolo, di notevole importanza storica, del prof. Francesco Giacco, dal titolo “L’afragolese ignoto”, in cui il Direttore responsabile della Rivista tratteggia la figura del giovane afragolese Alfonso Guadagno (1925- 1944), evidenziandone, dopo il “tragico episodio storico –istituzionale che va dal 25 luglio all’8 settembre 1943, la scelta coerente e impavida di rimanere fedele al Fascismo aderendo alla Repubblica Sociale di Salò; si arruolò nella “Decima MAS”, “corpo scelto di volontari “, con il compito, una volta attraversato le linee nemiche, di sabotatore e informatore, missione oltremodo rischiosa. Infatti, dopo essere stato catturato dagli Alleati, fu fucilato perché ritenuto una spia. Il commento di Giacco è che occorre guardare con equilibrio e nell’insieme il passato, senza pregiudizi aprioristici e “preclusioni preconcette”, per “avere un quadro completo degli accadimenti e ricavare insegnamenti per il prosieguo”, al fine di preservare la memoria di tanti ragazzi, “che con tanto giovanile slancio hanno donato la loro vita”. L’intervento del prof. Giacco costituisce, allora, un’ulteriore sollecitazione a esaminare il periodo della guerra civile, successiva al 25 Aprile 1945, con equilibrio e un senso di pietas per i morti dell’una e dell’altra parte.
Impressiona, poi, per le forti analogie con i tempi attuali, leggere il contributo di Raffaele Cossentino su “Il tema dell’emigrazione nella canzone napoletana”, dove si sottolinea che “dall’entrata in vigore della legge sull’emigrazione del 31 gennaio 1901, Napoli diventa una delle capitali dell’emigrazione italiana.” La condizione degli emigranti italiani sui bastimenti era molto simile a quella degli extracomunitari che approdano stremati sulle nostre coste e non pochi – corsi e ricorsi storici – perdevano la vita durante il lungo tragitto. Inoltre, come per tanti immigrati che, scappati dalla miseria e dalle guerre, sperano di migliorare la loro vita in Italia,ma trovano solo condizioni di sfruttamento e di degrado estremo, così, per tanti meridionali e settentrionali,che partivano con valigie di cartone piene solo di speranze, “l’eldorado americano si rivelò solo una cocente delusione: a migliaia morirono nelle miniere o alcolizzati o di stenti o di fame e tante donne finirono sui marciapiedi. Cossentino offre una lucida analisi sulla genesi di molte canzoni napoletane, ispirate al tema della nostalgia per la famiglia lontana e la bellezza del capoluogo partenopeo; tra esse: “’O paese d’’o sole, Lacreme napulitane, Santa Lucia luntana. Lo studio, dunque, dell’Autore andrebbe letto da chi scarica (“Dagli all’untore “, di manzoniana memoria) sui migranti le peggiori nefandezze che avvengono nel nostro Paese, sempre incorrendo nella solita e gretta consuetudine di generalizzare e mai di discernere e distinguere. L’istruttivo volumetto si conclude con “I vent’anni del Ferragosto ad Afragola (la storia di un evento popolare, ideato e organizzato dall’indimenticato prof. Luigi Grillo, che tuttora vede la fattiva partecipazione della sua famiglia, in primis di Claudio Grillo) e con lo spazio dedicato alla “Rassegna stampa”, dove è stato pubblicato l’articolo “A Frattamaggiore presentato il numero del quarantennale della rivista “Rassegna Storica dei Comuni”.
Un sentito grazie i lettori dovrebbero rivolgere i all’intero staff redazionale ogni volta che leggono Archivio afragolese , perché l’affermato Periodico aiuta a comprendere quanto sia necessario recuperare un’identità culturale, che rende la tradizione elemento ispiratore, e quanto sia vero che “senza storia non c’è futuro e il futuro ha un cuore antico”.