Respinta alla Camera la proposta di Antonio Borghesi (IDV) di abolizione dell’assegno vitalizio ai parlamentari, che avrebbe fatto risparmiare allo Stato 150 milioni di euro l’anno: è una vergogna. COME SONO CADUTI IN BASSO !
Il giorno 21 settembre 2010 il deputato Antonio Borghesi dell’Italia dei Valori ha proposto l’abolizione del vitalizio che spetta ai parlamentari dopo solo 5 anni di legislatura in quanto affermava cha tale trattamento risultava iniquo rispetto a quello previsto dai lavoratori che devono versare 40 anni di contributi per avere diritto ad una pensione. Indovinate un po’ come è andata a finire :
Presenti 525
Votanti 520
Astenuti 5
Maggioranza 261
Hanno votato sì 22
Hanno votato no 498.
Ecco un estratto del discorso presentato alla Camera :“Penso che nessun cittadino e nessun lavoratore al di fuori di qui possa accettare l’idea che gli si chieda, per poter percepire un vitalizio o una pensione, di versare contributi per quarant’anni, quando qui dentro sono sufficienti cinque anni per percepire un vitalizio. È una distanza tra il Paese reale e questa istituzione che deve essere ridotta ed evitata. Non sarà mai accettabile per nessuno che vi siano persone che hanno fatto il parlamentare per un giorno – ce ne sono tre – e percepiscono più di 3.000 euro al mese di vitalizio. Non si potrà mai accettare che ci siano altre persone rimaste qui per sessantotto giorni, dimessisi per incompatibilità, che percepiscono un assegno vitalizio di più di 3.000 euro al mese. C’è la vedova di un parlamentare che non ha mai messo piede materialmente in Parlamento, eppure percepisce un assegno di reversibilità.
Credo che questo sia un tema al quale bisogna porre rimedio e la nostra proposta, che stava in quel progetto di legge e che sta in questo ordine del giorno, è che si provveda alla soppressione degli assegni vitalizi, sia per i deputati in carica che per quelli cessati, chiedendo invece di versare i contributi che a noi sono stati trattenuti all’ente di previdenza, se il deputato svolgeva precedentemente un lavoro, oppure al fondo che l’INPS ha creato con gestione a tassazione separata.
Ciò permetterebbe ad ognuno di cumulare quei versamenti con gli altri nell’arco della sua vita e, secondo i criteri normali di ogni cittadino e di ogni lavoratore, percepirebbe poi una pensione conseguente ai versamenti realizzati.
Proprio la Corte costituzionale, con la sentenza richiamata dai colleghi questori, ha permesso invece di dire che non si tratta di una pensione, che non esistono dunque diritti quesiti e che, con una semplice delibera dell’Ufficio di Presidenza, si potrebbe procedere nel senso da noi prospettato, che consentirebbe di fare risparmiare al bilancio della Camera e anche a tutti i cittadini e ai contribuenti italiani circa 150 milioni di euro l’anno”.
Ancora una volta, i nostri “delegati”, eletti per porsi al servizio del Bene comune, si sono ben guardati dall’abolire un loro privilegio, danneggiando, in tal modo, la Collettività. E’ una vergogna! La decisione dei nostri rappresentanti nazionali suscita un rabbioso moto di indignazione, soprattutto in un periodo di grave crisi economica, nel quale alle fasce deboli della società (operai, precari, anziani, lavoratori monoreddito…) viene ripetutamente detto che è tempo di sacrifici, che bisogna tirare la cinghia per risistemare i conti pubblici, che bisogna imparare a vivere con retribuzioni striminzite, nonostante aumenti il costo della vita e il potere d’acquisto si riduca sempre di più. I nostri parlamentari, però, si autoesentano dai sacrifici, perché questi spettano, secondo loro, solo a quelli che già “rosicchiano la vita”, ai tanti “lazzari” che sopravvivono ai margini della nostra società, a coloro che ricevono briciole, non certo ai “ricchi epuloni”. Poveretti, i nostri politici! Come potrebbero rinunciare a un assegno vitalizio ottenuto per aver messo piede nelle aule parlamentari anche per pochi giorni se riscuotono una indennità mensile di appena 12.434 euro e una diaria mensile, per le spese di soggiorno, di euro 4003? Coloro che denunciano tali aberrazioni, sono accusati dai nostri politici di fare qualunquismo e di essere beceri moralisti. La gente onesta, quella che si fatica la pagnotta sudando ogni giorno le proverbiali sette camicie, definisce semplicemente ciò che è stato denunciato da Borghesi e il conseguente rifiuto di rinunciare all’assegno vitalizio atti tremendamente ingiusti, inqualificabili, disgustosi. Ancora una volta, vergogna!