Fino al 5 maggio 2017 presso il Kestè in Largo San Giovanni Maggiore a Napoli sarà possibile vedere la mostra ‘Signs and Spots’ di Agostino Rampino, giovane studente del corso di Grafica d’Arte per l’Illustrazione presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. La particolarità che attira subito lo sguardo nell’ammirare le opere dell’artista è l’impressione che i segni proposti tutto siano tranne che foto, invece proprio l’obiettivo della sua macchina fotografica ha catturato un’immagine fatta di meraviglia estemporanea, una luce spettacolare di un momento particolare nell’istante dello scatto che l’artista non rivela.
Com’è nata questa idea e perché è proposta in bianco e nero?
“Dovevo fare un progetto legato al corso che frequento in Accademia, cercare di riprodurre un segno con la fotografia e a me è venuta questa idea. Poiché la fotografia è fatta di luce, si creano al momento dello scatto queste linee sottili affiancate da linee più doppie”.
Perché le opere sono in bianco e nero?
“Il bianco e nero a me piace moltissimo, dà più l’effetto che desideravo, offre il giusto contrasto ai segni così da sembrare non una foto ma un’opera grafica”.
C’è un messaggio dietro le tue opere?
“Le mie opere testimoniano ciò che può accadere dopo lo scatto, perché una fotografia non è solo l’immagine che mostra, ha tutto un mondo dietro sia nella raffigurazione stessa sia nella sua formulazione. Nell’usare spesso un mezzo come la macchina fotografica, si sperimenta per scoprire nuovi orizzonti della fotografia. Oggi si usa molto il digitale, anche grazie al grande uso dei cellulari che presentano la possibilità di scattare foto, la fotografia è vissuta in maniera immediata, diretta, sembra snaturata e che abbia perso sensibilità. Io voglio mostrare al fruitore come si può lavorare sulle foto, tra inventiva e lavoro manuale. C’è arte dietro alla fotografia digitale se ci si impegna”.
Cosa vorresti che restasse nel cuore di chi vedrà la tua mostra quando andrà via?
“Vorrei che ricordassero le mie foto non come foto ‘normali’, classiche, ma che vedessero l’originalità delle mie opere. Non devono badare all’apparenza delle cose, ma concentrarsi sull’essenza invariata dell’immagine che è celata dietro una rielaborazione”.
Emilia Sensale