A Lacco Ameno nell’isola d’Ischia convegno nel 25mo anniversario della strage di Capaci
Sono passati 25 anni dalla strage di Capaci, in cui persero la vita Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della sua scorta. Il giudice Falcone era un fedele servitore dello Stato che perse la vita anche perché fu lasciato solo dalle Istituzioni. Martedì 23 maggio in un convegno organizzato nell’isola d’Ischia dall’Amministrazione Comunale di Lacco Ameno presso l’hotel Regina Isabella si è parlato ai giovani del concetto di legalità attraverso gli interventi di autorevoli magistrati che si occupano di criminalità organizzata quali Cesare Sirignano, Catello Maresca ed Alberto Capuano, moderati dal giornalista Paolo Chiariello. Il giudice Falcone non era un eroe ma aspirava semplicemente a fare il suo dovere per difendere il nostro Paese. Quello di Falcone non deve essere un semplice ricordo di una figura appartenente al passato ma un imput per tutti a fare ogni giorno il proprio dovere. Nel corso del convegno è emerso come la mafia oggi abbia un enorme potere economico garantendo posti di lavoro e guadagni facili. Le criminalità si annidano nell’economia, nei soldi sporchi accumulati illecitamente ed investiti sul mercato. Particolarmente significativo, a tal proposito, l’intervento del dott. Sirignano, magistrato della Direzione Investigativa Antimafia. Egli con il suo intervento ha dato un messaggio forte e chiaro ai numerosi ragazzi e giovani provenienti da vari istituti scolastici intervenuti alla manifestazione. “La mafia che siamo abituati a definire come tale è stata solo in parte contrastata. Abbiamo la percezione che per mafia si intenda soltanto il cosiddetto crimine di strada, l’estorsione, l’uso della prepotenza e della violenza per affermare il dominio sul territorio e creare le condizioni di consenso sociale che rappresenta il modo attraverso cui la criminalità si sostituisce allo Stato. Oggi la mafia è qualcosa di molto più difficile da individuare e contrastare. La criminalità organizzata che determina i mutamenti della vita, che toglie libertà, altera il voto, impedisce il progresso è rappresentata da
imprenditori e figure professionali che riescono a costituire l’anello di congiunzione tra politica e crimine. Senza queste persone il crimine non potrebbe condizionare la vita dei cittadini”. Parole molto forti quelle pronunciate da Sirignano ascoltate con attenzione da quelli che saranno i protagonisti della società del domani. “La figura dell’imprenditore è il modus attraverso cui oggi la criminalità organizzata agisce. Questi è la figura che permette alla mafia di agire sul mercato e nei rapporti con la politica. Questa oggi va combattuta”. Il magistrato afferma che non ci si può ritenere soddisfatti dell’arresto di estorsori, affiliati al clan che vanno in giro con le pistole ma occorre colpire quella parte della mafia che esercita attività d’impresa per l’organizzazione criminale. Solo quando si agirà verso questa attraverso serie riforme sulla corruzione ed attaccando i patrimoni di questi soggetti si potrà dire di star combattendo la mafia. Per fare questo va cambiato l’approccio culturale che fa ritenere pericolosa solo la figura del criminale che uccide, ruba o mette a rischio il bene privato, la proprietà. Questa non è la più pericolosa tra le criminalità. Oggi non si considera altrettanto pericoloso chi sottrae spazi di libertà, chi ruba il futuro alle nuove generazioni, chi calpesta le idee. Queste persone devono essere colpite. Sirignano parla di quell’imprenditore che invece di lavorare, progredire tecnologicamente, dare lavoro ai giovani rispettando le regole del mercato si affida alle organizzazioni criminali per poter eludere il meccanismo democratico che governa l’economia per poter guadagnare, arricchirsi, raggiungendo obiettivi in maniera illegale, raggiunti spesso con il sangue versato da tante persone che tutti i giorni lavorano onestamente. “A Caserta non si spara più da nove anni. Tuttavia tutte le imprese e gli appalti sono sotto il controllo del clan. Occorre mutare l’approccio culturale che non tiene conto di tutta questa parte della società che sta con la mafia. Nella vita non si può stare in mezzo. Si deve scegliere o il bene o il male. Nel bene si può anche sbagliare o agire con leggerezza . L’imprenditore spesso rappresenta una figura intermedia. O si sta con lo Stato o con la mafia”.Sirignano esorta a reagire non stringendo più la mano a tutti quegli imprenditori che attraverso questi mezzi o vendendo la propria dignità alla mafia erigono palazzi, hanno belle barche,
belle auto, belle donne. Queste persone quanto meno devono essere offese nella loro reputazione quotidiana, in attesa che la società muti e la magistratura faccia i suoi passi.
Giuseppe Galano