Quando il volto del dolore è illuminato dalla grazia del Signore, allora la sofferenza è accolta quale strumento di redenzione nella preghiera assidua. Quella che si racconta è una storia tenerissima, di una profondità immensa, vissuta ai confini tra terra e cielo, i cui protagonisti sono Crescenzo, operatore pastorale della parrocchia di S. Antonio Abate in Casoria, e un suo caro amico, Luigi, colpito da una grave malattia, che lo ha condotto alla morte. Crescenzo gli è stato vicino in tutte le fasi del suo calvario, quale umile cireneo, pronto a sostenere la croce dei patimenti, incoraggiandolo, assistendolo, amandolo come se stesso. Soprattutto lo ha aiutato con il balsamo ristoratore della preghiera ad accettare le sofferenze e a donarle al Signore per la salvezza della propria
anima e di quella altrui. Del resto, fu proprio in un incontro di preghiera che lo conobbe circa due anni fa. L’Angelus, recitato a mezzogiorno, era diventato per Luigi e per Crescenzo un appuntamento attesissimo, considerato per entrambi un momento importante della giornata , a cui seguiva spesso la supplica alla Madonna di Pompei. Continua era la richiesta di Luigi, soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita, di pregare con l’amico, che si mostrava sempre disponibile. Benefici spirituali enormi riceveva l’ammalato, poiché gustava già la gioia infinita della vicinanza del Signore. Talvolta, recitando l’ultima parte della supplica, Luigi si emozionava a tal punto da piangere di gioia. Crescenzo lo ha accompagnato con la sua premurosa e amorevole presenza fino alle porte dell’eternità, infondendo nel cuore dell’amico morente una profonda serenità. “La Madonna e Gesù ti aspettano” – gli diceva, stimolato dalle sue domande. Gli ha parlato anche di Chiara Luce e gli ha fatto leggere il libro della sua vita. “Anche tu, Luigi, sei atteso dallo Sposo”. E l’amico gli stringeva la mano, non riuscendo più a parlare, in segno di assenso. Si era creata fra le loro anime una profonda sintonia, tanto che le emozioni e i sentimenti quotidiani di Crescenzo erano intimamente intrecciati allo stato psico-fisico dell’amico: preoccupato e in ansia se le condizioni di salute di Luigi peggioravano, allegro e sereno se egli si riprendeva. Il giorno precedente la sua morte, dopo essere stato assistito materialmente e spiritualmente con ammirevole cura da Crescenzo, Luigi gli chiede con un fil di voce: “Posso darti un bacio? Ecco, quel bacio offerto in segno di immenso affetto e di gratitudine, è il frutto di questa intensa storia d’amore, di un’avventura umana percorsa da fremiti divini, sigillo di un’amicizia infinita, che varca i confini del tempo e dello spazio, suggellata dalla carità evangelica; quel bacio è il dono incommensurabile lasciato da Luigi all’amico, prima di partire per il cielo, segno indelebile impresso nell’animo di Crescenzo, a testimonianza che la vita è bella, pur in condizioni di sofferenza, se è illuminata dai raggi sfolgoranti dell’amore, tanto da non essere più aggiogata al tempo mortale, ma alle suggestioni dell’eternità.