Giovedì 8 novembre 2018 si terrà presso la sala UIF del Nuovo Palazzo di Giustizia al Centro Direzionale di Napoli l’evento dal titolo “La periferia come sguardo decentrato sul mondo tra legalità, giustizia ed emarginazione”, in cui interverranno l’avvocato Domenico Ciruzzi, Presidente della Fondazione Premio Napoli, la dott.ssa Elena Di Bartolomeo, giudice del Tribunale Penale di Santa Maria Capua Vetere e Paolo Di Petta, autore del libro ‘I-dentity Gen’.
Il romanzo ‘scomposto’, pubblicato lo scorso aprile, è stato presentato in Campania e in altre regioni ottenendo notevoli riscontri; tra le ultime presentazioni, ad ottobre al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, in occasione della V edizione di ‘Ricomincio dai Libri’.
I-dentity Gen rappresenta il dissidio interiore dei giovani che vivono ai margini delle grandi città, divisi tra il desiderio di andare via per scoprire la propria identità e la necessità di tornare nei luoghi delle proprie origini. Il tema della periferia ritorna l’8 novembre per mescolarsi al problema dell’emarginazione sociale, all’urgenza di legalità e di giustizia.
Per l’occasione, l’autore racconta il proprio percorso in un’intervista esclusiva al Casoriadue.
Sei andato ben oltre quella periferia che hai descritto nelle pagine di I-dentity Gen. Immaginavi
sarebbe successo?
I-dentity Gen è un elastico esistenziale imperniato sulla Traversa ma che si estende coi suoi personaggi fino a Londra, Parigi e Bruxelles. È un po’ quello che sto facendo anche nel tour di presentazioni. Ho parlato della Traversa, finora, a Francavilla al Mare, a Chieti, a fine luglio in una location estiva, a fine ottobre a Bologna presso la Libreria Modo Infoshop, il prossimo 20 novembre presenterò da Piola Libri a Bruxelles ed a febbraio a Milano nel club Après-Coup. Insomma il viaggio che parte da queste periferie è una cifra del libro e della generazione descritta lì dentro, per cui sento il dovere morale di portarlo fuori dai suoi confini di ispirazione.
Secondo te, per quale motivo la gente si riconosce nel tuo libro?
I personaggi del libro forse riescono ad attrarre diverse tipologie di lettori: Greg è il giovane alternativo che macina amori ed esperienze di vita, Ghibli è un nichilista metropolitano, ricorda il protagonista di Fight Club, film di David Fincher del 1999, che ha un’identità lavorativa che gli pesa e poi, per esprimere la propria inquietudine ed il proprio ripudio verso la società consumista, veste da soldato, gira armato, sente il futuro come una minaccia incombente. Nick, altro personaggio di cui spesso mi parlano i lettori, è imprigionato nella Traversa come il Novecento di Baricco lo era sul suo piroscafo, vive dei propri fantasmi, ma il suo essere guardiano inconsapevole di quello spazio lo rende una figura affettiva, alla quale il lettore
vuole bene. Partecipando, poi alle fiere e confrontandomi lì direttamente coi gusti dei lettori, ho notato che gli under 30 si sentono naturalmente attratti perché, dal titolo e dalla sinossi, lo percepiscono come un romanzo alternativo, tra i 30 e quasi i 60 ci si rivedono dentro, chi più chi meno, come generazione. Oltre quella fascia di età bisogna superare l’imbarazzo di fronte alla crudezza del linguaggio utilizzato in alcune scene. Non potevo esprimere il nichilismo e l’alienazione di una frontiera metropolitana e di quella generazione in modo edulcorato, il linguaggio segue la narrazione, è duro quando, per esempio, si descrivono le scene ambientate nella circonvallazione esterna, ma è anche lirico quando insegue il filo dei sogni e dei ricordi.
Oltre a essere un luogo fisico la traversa è anche un punto dove convergono emozioni che nascono, partono e ritornano. Soffermiamoci sul luogo fisico. La traversa è quella in cui abitavi a Casoria. Cosa devi a quel luogo? Come lo hai vissuto?
Io l’ho vissuta proprio come la tratteggio nel libro: tra alienazione e voglia di evasione, ma è stato anche un laboratorio di identità per me e le tante persone straordinarie, nascoste in quei palazzoni, coi quali ho condiviso vissuti. Pittori, filosofi, musicisti, scrittori, attori, riusciti o falliti, ma tutti lì dentro chiusi nelle proprie case di notte e di giorno a vivere altrove: il destino delle periferie è quello di essere stracariche di energia, senza però capitalizzarla. Devo a quella traversa la capacità di vedere cosa c’è oltre la fatiscenza e la marginalità, lì dentro ho imparato a sognare e desiderare. Spero di essere riuscito a rendere la I traversa A. Diaz un luogo letterario o dell’immaginario, ‘la Traversa’, come una città invisibile di Calvino, come il vicolo Cannery di Steinbeck.
Parliamo dell’evento dell’8 novembre al Centro direzionale. Il tuo libro si sposa con gli argomenti che saranno trattati; spiegaci com’è nata la collaborazione con i relatori.
I-dentity Gen ha varie sfaccettature, come un poliedro, ma due su tutte: provoca discussioni su generazioni prima e dopo la rivoluzione digitale e sulle periferie. Su quest’ultimo tema avrò il piacere di essere presentato al Nuovo Palazzo di Giustizia, l’8 novembre dal Presidente del Premio Napoli Domenico Ciruzzi e dal Giudice del dibattimento del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Elena Di Bartolomeo, in un evento formativo dal titolo ‘La periferia come sguardo decentrato sul mondo: legalità, giustizia ed emarginazione’. I relatori hanno trovato coerente il mio libro con questi temi, io parlerò della mia visione anti-Gomorra che ritrae la periferia non come luogo di violenza e criminalità ma come laboratorio di spinta verso se stessi. Per Saviano il modello ‘Scampia’ è quello che esporta le logiche criminali in tutta Italia, per me è quello del ‘Gridas’, associazione culturale che stimola creatività e potenzialità dei ragazzi del quartiere, che ha prodotto negli anni circa duecento murales con le scuole, manifesti stampati in linoleografia, fumetti, striscioni dipinti ed organizza ogni anno un Carnevale di quartiere, ricco di maschere
in gommapiuma, fatte a mano con materiali di risulta ed attrae migliaia di presenze da tutta Italia. Spero che ‘I-dentity Gen’ riesca a testimoniare anche questo tipo di energia.
L’intervista si conclude con una speranza, quella della rivalutazione delle periferie, attraverso esempi positivi che irradiano le zone circostanti con la loro forza vitale. Lì, dove crescono personalità straordinarie che lottano per i propri diritti e per restituire dignità ai luoghi in cui sono nati, senza scappare, senza arrendersi mai.