Anche chi dà uno sguardo distratto ai telegiornali può facilmente arguire che qualcosa si sta muovendo nei diversi atenei italiani. A Pisa studenti e ricercatori hanno occupato prima le facoltà, poi la Torre; a Roma c’è un presidio di studenti sopra i tetti delle strutture universitarie, a Napoli mercoledì 24 novembre è stato occupato Palazzo Giusso, sede dell’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. Difficilmente si può pensare che a motivare tale agitazione siano certe romantiche suggestioni da “Attimo fuggente”. In gioco, questa volta, c’è il futuro di un’intera generazione di universitari, pronta a difendere il proprio diritto alla cultura e alla formazione contro il gelido calcolo economico. Ancora una volta, è contestazione aperta contro il ddl 1905, meglio noto come “riforma Gelmini”, contestata dall’intero mondo universitario fin dalla sua prima bozza.
La riforma infatti, contestualmente alla legge finanziaria delineata dal Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, imporrebbe drastici tagli ai fondi destinati per università e ricerca, mandando letteralmente al collasso i piccoli atenei e determinando la chiusura di corsi di laurea ritenuti inutili o infruttuosi. I principi guida della riforma sono infatti l’ottimizzazione delle risorse e la meritocrazia, in base al quale i fondi saranno destinati alle facoltà ritenute più efficienti e meritevoli. Ma tale ricalcolo delle risorse comporta, nei fatti, conseguenze disastrose in primis per la ricerca e per la categoria dei ricercatori, già frustrati nel vedere il loro lavoro (spesso pari o superiore a quello dei docenti associati) non riconosciuto e destinati ad una vita di precariato. In merito a questo punto, infatti, la riforma Gelmini prevede che i ricercatori abbiano un assegno rinnovabile fino a sei anni, al temine dei quali o si viene integrati nell’ateneo (ipotesi ahinoi quanto mai remota, dato lo stato di cose attuale) oppure si è praticamente disoccupati e consapevoli di aver “sprecato” anni di studio.
Dopo le prime accese forme di protesta (ricordiamo le lezioni in piazza e per strada del 2008) il dissenso di studenti e docenti si era calmato ma non del tutto sopito, come dimostra il rinnovato accendersi delle agitazioni. Sotto lo slogan “Il futuro non è ancora scritto” gli studenti di Napoli si mobilitano per bloccare l’approvazione del ddl 1905, in questi giorni frettolosamente portato alla Camera. L’occupazione di Palazzo Giusso è stato solo il primo passo della mobilitazione degli universitari napoletani che ieri, riuniti in corteo, son riusciti a bloccare le attività didattiche nelle facoltà del centro storico e dopo l’assemblea pomeridiana presso il palazzo occupato, si sono diretti verso la Prefettura, dove c’era il premier Berlusconi per l’emergenza rifiuti, per manifestare “ad alta voce” il proprio dissenso.
E’ da precisare che in questa protesta gli studenti non sono soli: folta è, infatti, la partecipazione di studenti medi superiori e dei ricercatori, senza dimenticare l’approvazione dell’intero corpo docente. Questo, estremamente sensibile alle problematiche sollevate dalla riforma, ha garantito la sospensione delle lezioni nell’intero istituto L’Orientale per il prossimo lunedì 29 novembre, giorno in cui è fissata la nuova assemblea di ateneo per stabilire i punti guida della mobilitazione; per martedì 30 novembre è invece previsto un corteo che da Piazza del Gesù muoverà verso la sede napoletana della Confindustria.