“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò; Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi… “ E’ un brevissimo stralcio del brano tratto dal libro della Genesi (1, 26 – 31) letto come introduzione alla veglia di preghiera svoltasi Domenica 12 Maggio nella parrocchia S. Maria d’Aiello di Afragola. Presieduto dal rev. don Marco Liardo, il rito è stato organizzato dalla coppia di fidanzati Carmen e Gaetano, unitamente agli amici del gruppo canoro, per lodare Dio per il dono sponsale che avrebbe offerto loro il giorno successivo, rendendoli, nella celebrazione del sacramento del Matrimonio, come ha scritto papa Francesco,“riflessi dell’ amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio”.
Ciò è stato ben posto in rilievo da don Marco, il quale, commentando il brano biblico citato poc’anzi, ha sottolineato che “nella coppia nuziale risiede pienamente l’amore di Dio, lì si manifesta la Sua intima essenza più che nelle altre espressioni d’amore (tra genitori e figli, tra fratelli e amici…), perché vi si sperimenta totalmente l’intima comunione trinitaria tra Padre, Figlio e Spirito Santo. Quindi, solo in quanto “maschio – femmina”, ha proseguito don Marco, l’uomo è totale immagine di Dio, proprio perché in questa bipolarità di uomo –donna si esprime la fuoriuscita da sé, la ricerca dell’altro, e quindi la donazione e l’amore, in ordine alla procreazione. Il prodigio della vita, infatti, nasce dall’incontro d’amore di un uomo e di una donna che, nella donazione reciproca, esprimono la capacità di dilatarsi di Dio stesso.
Molto significativo, al riguardo, anche il commento del diacono Francesco De Liso al brano del Vangelo di Giovanni (13, 1 -18), nel quale si racconta l’episodio della lavanda dei piedi agli apostoli compiuta da Gesù, al termine della quale Il Signore li esorta a lavarsi i piedi gli uni gli altri. “Vi ho dato infatti l’esempio perché, come ho fatto io, facciate anche voi”. “L’amore” ha spiegato il diacono “si concretizza in gesti di servizio” e, nell’ambito della vita matrimoniale, porsi in atteggiamento di servizio implica la capacità dei coniugi di prendersi cura l’uno dell’altro, perché amare non significa, come ha scritto Michel Quoist, “lasciarsi guidare da un sentimento meraviglioso; significa, innalzati, sostenuti da questo sentimento, volere con tutte le proprie forze, e a costo della vita, fare la felicità degli altri, di un altro”. E i due nubendi, Carmen e Gaetano, hanno ben manifestato, la sera prima delle nozze, di voler vivere la dimensione d’un amore grande, vivo, profondo ed esigente, compiendo lo stesso gesto di Gesù: in un raccolto clima di preghiera, si sono lavati i piedi l’un l’altro, quale gesto di accoglienza reciproca, di accettazione vicendevole e di mutuo darsi senza riserve, in maniera incondizionata.
Altro gesto di alto valore simbolico e spirituale, compiuto dai due giovani innamorati, è stato quello di porre sulla fronte di ciascuno dei partecipanti all’evento, mediante il segno della croce, un po’ di olio di nardo, emanante un effluvio intenso, che, come ha spiegato don Marco, nella Bibbia è simbolo dell’amore fedele, immenso, fino a dare la vita. Chiaro, dunque, il senso del gesto da parte di Carmen e di Gaetano: come Gesù (sul cui capo e sui cui piedi fu cosparso l’olio pregiatissimo) ha diffuso il profumo della vita con la morte in croce, così in ogni famiglia e in ogni relazione umana i cristiani devono spargere il profumo di Cristo, ossia dell’amore gratuito, appassionato, senza misura. I vari momenti della veglia sono stati intervallati da canti e da inni di lode a Dio e alla fine il rito si è concluso con la lettura di una riflessione del teologo Bonhoffer sul matrimonio.
In una società ove domina incontrastato, per usare un’espressione del sociologo Bauman, “il pensiero liquido”, nella quale ciascuno si crea una propria morale, a suo uso e consumo, e dove tutto è effimero, transeunte e provvisorio, Carmen e Gaetano, la sera prima delle nozze, invece di conformarsi alle mode imperanti “dell’addio” al celibato con forme, anche molto eccentriche, di divertimento, hanno voluto indicare una direzione, una prospettiva di senso verso cui orientare il loro progetto di vita nuziale, affidandosi a Dio, all’Assoluto, all’Eterno. In tal senso, possiamo definire questi due giovani “trasgressivi evangelici”, coloro, cioè, che, manifestando con la veglia di preghiera le profonde ragioni del tipo di famiglia che intendono formare, hanno testimoniato “il coraggio di far parte del sogno di Dio, il coraggio di sognare con Lui, di giocarci con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo (Amoris Laetitia, 331).
Ha scritto lo psicanalista Massimo Recalcati: “Oggi è molto più trasgressivo giurare amore eterno che passare da un corpo all’altro senza alcun vincolo amoroso; è molto più trasgressiva l’esperienza della fedeltà che non il culto aleatorio del nuovo; è molto più trasgressiva l’apparizione del senso del pudore che non la sua estinzione”. Grazie, allora, giovani sposi per aver testimoniato, la sera del 12 Maggio scorso, il valore autentico dell’amore, un amore percorso dai fremiti dell’Infinito. Vi auguriamo di cuore un cammino sponsale nel quale possiate sperimentare la gioia coniugale nella libera fedeltà, il conforto del reciproco sostegno durante le avversità, la sicurezza nella stabilità e la forza dell’unità che supera i dissapori e le divergenze con la grazia del perdono.