Una città in stato comatoso

Va bene dare i larghi, le piazze e le strade a illustri personaggi non casoriani ma benemeriti e vicini alla Città. Va bene manifestare, con la consulta per le persone con disabilità, per l’accoglienza, l’inclusione e l’integrazione delle persone “diversamente abili”, riunendo le organizzazioni AIAS e ANIDA. Tutte queste iniziative sono lodevoli e giustamente stanno al cuore al Sindaco di Casoria e ai casoriani animati da veri ideali. Va bene pure che siano iniziative di risonanza mediatica. E’ però naturale che tanti casoriani si chiedano se il sindaco non abbia troppe cose da fare per avere qualcosa da dire a chi vive e lavora in città. Casoria versa in uno stato comatoso per assenza totale del trasporto pubblico, poca pulizia, nessun decoro urbano, nessun controllo del territorio e pessimi servizi in genere; blocco opere pubbliche e di ogni progettualità (dagli impianti sportivi ad Arpino). I pochi dipendenti comunali rimasti non fanno altro che emettere grida di dolore.

L’alibi del Sindaco per questo “non governo” della città è senza dubbio formidabile: non ci sono soldi e ci sono anzi debiti spaventosi che vengono dalle precedenti amministrazioni.

Verissimo. Ma, in una simile situazione, che cosa la cittadinanza deve ragionevolmente aspettarsi dal Capo del “non governo”?

In primo luogo, un discorso di verità, pur se fatto di lacrime e sangue, anziché accenni trionfalistici (su turismo religioso, arte contemporanea, cultura).

In secondo luogo, basta litigi tra assessori, quelli di vecchia nomina con quelli che la nomina non l’hanno ancora avuta o con quelli che l’hanno rifiutata, tra consiglieri comunali della stessa maggioranza e con altri interlocutori, al di là di chi è e ne sono tanti che sono più o meno abusivi.

In terzo luogo, un po’ di ascolto e dialogo, anziché fastidio e insulti, con quanti (istituzioni private, giornalisti, cittadini ecc.) fanno rilievi e avanzano proposte di buon senso.

Infine, ma non certo per importanza, un minimo di riflessione, in un clima più sereno e di maggiore coesione sociale, sull’apporto che i privati possono dare per evitare il disastro e l’esasperazione che si va diffondendo.

Per esempio, se c’è l’emergenza – e l’emergenza c’è – è saggio pensare di affidare a referenziate imprese private alcuni servizi pubblici (poniamo : il trasporto pubblico; la riscossione; ) con gare europee, i cui bandi contemplino nel dettaglio esigenze sociali e prestazioni indispensabili per i cittadini (periferie ecc.).

Il sindaco, da uomo di legge, sa bene che un conto è la proprietà e il controllo di un servizio, un altro conto è la gestione. Ora, per quanto si debba mettere nel conto pure il profitto aziendale, non è che per una sola gestione privata sotto controllo pubblico, va lesa l’intangibile sacralità di un bene comune o di un servizio. Sempre che, è logico, non si voglia difendere a tutti i costi un servizio pubblico che non c’è.

Nando Troise

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