EVENTO LETTERARIO A S. ANTIMO SU G. PASCOLI E LA SOBRIETA’

Allo struggimento per la caducità  dell’umano esistere, quale postura assumere nei confronti della vita ? A questa domanda, la filosofia e la letteratura, oltre alle religioni, hanno cercato sempre di fornire una risposta, senza mai trovarne una che appagasse l’inquietudine dell’animo degli uomini. Dall’evento letterario “Giovanni Pascoli e la sobrietà. L’anticrisi dell’oggi”, organizzato dall’associazione “Gocce di fraternità” nella persona del prof. Antimo Petito, presso il Café Centrale in S. Antimo,  è emerso che anche nella poetica pascoliana, brillantemente e sapientemente trattata  dalla prof.ssa Vittoria Caso, Presidente dell’associazione culturale “Clarae Musae”, dal prof. Francesco Iorio, già Dirigente nel Licei, e dal poeta Antonio Tanzillo, Presidente dell’Archeoclub di Succivo, predomina il sentimento  della fragilità della condizione umana, che sgomenta e genera dolore. Tuttavia, Pascoli tra le ombre tenaci che incombono sull’avventura umana, riesce a cogliere  barlumi di luce, pur nella presenza avvertita dal Poeta di un “misteroarcano e insondabile  di fronte al quale l’uomo è in balia di un inesplicabile destino, che conduce inesorabilmente al male e alla morte.

Durante la serata, moderata dalla giornalista Anita Russo con il solito garbo e bravura, i relatori hanno posto in rilievo che proprio la poesia, così come la intendeva il Pascoli, può ispirare gli uomini a vivere l’amor “patrio”  familiare e umano, riconoscendosi fratelli nel comune dolore e, quindi, mitigare e/o annullare  il senso di un profondo  scoramento. A tal riguardo è stato opportunamente  sottolineato dal prof. Iorio che il messaggio di pace del Nostro è pervaso di fremiti evangelici, ma la sua ricerca di Dio resta, tuttavia, un’aspirazione tanto intensa quanto insoddisfatta, convincendosi che la fede religiosa non è riuscita in tanti secoli a distruggere la cattiveria. E’ soprattutto nella prosa  “Il fanciullino”, evidenzia la prof.ssa Caso,  che Pascoli indica l’alto e nobile compito del poeta, il quale è colui che conserva intatta e immacolata la sua anima di fanciullo, stabilendo un contatto fresco e immediato con le cose, uno stupore spontaneo davanti alla continua rivelazione del mondo, del suo mistero che palpita in ogni aspetto della vita. Bisogna, dunque che lo spirito dell’uomo non perda la sua condizione d’infanzia, consentendogli con meraviglia di contemplare l’invisibile, quell’inconoscibile che il Positivismo, fiducioso nella scienza , aveva relegato ai margini della conoscenza.

Soffermandosi sui libri migliori del Pascoli, “Myricae e i “Canti di Castelvecchio”, la Presidente di Clarae Musae, dopo averne analizzato il linguaggio poetico caratterizzato da “una sintassi franta”, da un libero aggregarsi di sensazioni e da un ritmo nuovo, con improvvisi accordi melodici  e improvvise pause di assorto silenzio, pone in rilievo che nelle due raccolte viene esaltato l’amore per la vita della campagna, per le cose umili, e l’atteggiamento contemplativo; ma accanto alla rappresentazione realistica dell’ambiente contadino lucchese , una visione simbolica più decisa e le cose umili divengono come un rifugio dalla trepidazione ansiosa davanti alla morte e al mistero, presenza pressoché continua e  fortemente sottolineata.

Come ha anche  spiegato il poeta Tanzillo, e confermato dal prof. Iorio nell’intervista concessa al termine de convegno, l’attualità del Pascoli sta nel richiamo  a contemplare con occhi nuovi la realtà, ad avere rispetto e riguardo per la natura, il Creato, a vincere l’insensatezza del vivere con un atteggiamento amorevole e benevolo, con una sobrietà che è semplicità ed essenzialità; essenzialità che rifugge da un atteggiamento predatorio, di possesso ingordo delle cose e delle persone. Le scene di contadini che lavorano nei campi, gente umile che vive del poco e gode del molto che offre l’ambiente agreste attenua ogni pena del Poeta. E’ il sé relazionale che va soprattutto ricercato e riscoperto, come antidoto alla crisi del mondo moderno, una relazione significativa che si costruisce con atteggiamenti di riscoperta della  bellezza presente  negli esseri umani e nelle cose che ci circondano. L’anima del poeta Pascoli sembra calata nelle cose, nei paesaggi che descrive, aderendovi con meraviglia, con carezzevole nostalgia, così dimenticando ogni malinconia  e ritrovando nella contemplazione delle piccole cose la pura gioia del cuore e un’attesa fiduciosa.

Al termine dell’evento, il prof. Petito, nel porgere i ringraziamenti ai Relatori e ai partecipanti, ha concluso leggendo il decalogo “VIVI SOBRIO”, orientamenti per un cammino esistenziale che genera la vera gioia, quella non determinata dalle cose che si accumulano, ma dai gesti di amore verso se stessi, gli altri e l’ambiente che ci circonda.

Antonio Botta

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