ROMA – MONTECITORIO – “Condannato in contumacia”: la vicenda giudiziaria non e’ ancora conclusa ma la storia politica di Lusi nel Partito Democratico è finita.
I garanti, presieduti da Luigi Berlinguer, hanno deciso all’unanimità’ la massima pena per l’ex tesoriere Dl, senza possibilità di appello: la cancellazione dall’albo degli elettori e degli iscritti, di fatto cacciato. ”Lusi e’ incompatibile con il Pd per fatti molto gravi che hanno causato un grave danno al partito”, sentenzia Berlinguer dopo un’ora di riunione. Una decisione netta che il senatore respinge come ”volutamente infamante”, preannunciando ricorso al tribunale civile.
Non avrebbe potuto, ne’ voluto, prendere una decisione diversa dall’espulsione il Partito Democratico per far fronte all’ondata di indignazione scatenata nell’opinione pubblica dalla vicenda del tesoriere della Margherita che ha ammesso di aver sottratto 13 milioni di euro dalle casse del partito. Una storia sui cui confini i pm vogliono vederci ancora chiaro, ascoltando i dirigenti, come Arturo Parisi e Pier Luigi Castagnetti, che protestarono nell’ultima assemblea perché i conti non tornavano. E la
denuncia, fatta oggi ai pm dai revisori contabili, dimostra che anche la cifra sottratta dai bilanci della Margherita potrebbe salire. ”Bene l’analisi dei revisori – afferma Francesco Rutelli con il presidente dell’assemblea Enzo Bianco e il presidente del comitato di Tesoreria Giampiero Bocci – confermiamo la volontà di andare fino in fondo per il perseguimento delle responsabilità e il recupero del maltolto”.
Come già successo con l’espulsione dal gruppo del Senato, Lusi non ha cercato di difendersi con i garanti del partito. L’ex tesoriere non era presente alla riunione ne’, spiega chi vi ha partecipato, ha mandato una memoria difensiva. D’altra parte, osserva Berlinguer, ”le gravi responsabilità non sono state contestate ma ammesse” da Lusi stesso. E così si e’ decisa la massima pena che per statuto e’ la cancellazione dall’albo degli elettori e dall’anagrafe degli iscritti, ”una decisione che rattrista – ammette il presidente dei Garanti – perché riguarda una patologia ma il Pd ha gli antibiotici”.
Antibiotici che, però, curano una malattia in atto mentre l’intenzione del Pd e’ ora di evitare in futuro che i soldi del partito, e quindi degli elettori, finiscano in case o conti all’estero. ”Questa vicenda – sostiene il capogruppo Pd Dario Franceschini – deve far capire che, se ci sono finanziamenti pubblici, i meccanismi di certificazione e di controllo devono essere rigorosi e intransigenti”. La riforma dei partiti, incalza un’altra dirigente ex Dl Rosy Bindi, deve diventare uno dei temi del tavolo delle riforme, che i partiti provano ad
avviare per cambiare la legge elettorale. ”Una vicenda come questa può mettere in moto un meccanismo virtuoso”, spera Franceschini, cercando di allentare la tensione che da giorni si respira tra gli ex maggiorenti della Margherita.
Di Serena Percuoco