RECENSIONE DEL ROMANZO “CARMENELLA”: CON GLI OCCHI DELL’ANIMA

Sintesi della  recensione del romanzo “CARMENELLA” di Antonio D’Anna – Casa ed. Chronos, presentata nell’incontro del 11 Aprile, presso la biblioteca civica “Don Mauro Piscopo

Si resta affascinati al cospetto di Carmenella, la protagonista del romanzo, donna di sessantacinque anni, ma spiritualmente fanciulla,che, pur ingoiando fin da piccola la feccia della cattiveria degli uomini ( sovente “bersaglio” di dileggio e di derisione per la  “capa ‘ntrunata” e le sue stramberie ), non lascia intossicare il proprio animo dal veleno del male che subisce, ma ne annulla gli effetti venefici con la dimenticanza, così da impedire al calice del suo cuore di colmarsi dell’asperrimo fiele dell’acredine, dell’odio e della rivalsa vendicativa. Il sorriso è l’arma vincente per difendersi dai ricordi amari e dolorosi di soprusi subìti fin dalla più tenera età; per i compaesani, lei ride perché è tonta, scema: vittime di pregiudizi e di una mentalità angusta e ristretta, essi sono incapaci di capire che  il

sorriso brilla nel suo animo dove non albergano sentimenti di tristezza, di astio e di rancore.

 

Quel sorridere da sola, ovunque si trovi, senza apparente ragione, come pure il cantare e il ballare, l’amare e il gioire delle semplici cose che la vita quotidianamente le offre, sono manifestazioni inequivocabili del viver di Dio in lei.

Ella osserva con stupore e incanto lo spettacolo della natura, come se lo scoprisse per la prima volta ogni giorno: le sensazioni e le emozioni che prova alla vista del mare sono, al riguardo, emblematiche.

Con gli occhi della sua anima pura e incontaminata ammira l’armonia del creato, stabilendo con la terra un rapporto mistico, magico, fino a penetrare nel cuore delle cose per scorgervi , come confidò a zi’ Giacobbe, “una luce che le fa vivere, come ce l’hanno gli angeli.”

L’inclinazione di Carmenella a trasfigurare poeticamente la realtà con spontaneità e  immediatezza rivela la sua capacità di coltivare la libertà creativa, qualità che tutti gli uomini in potenza possiedono, ma che non sviluppano né affinano per pigrizia intellettuale, soprattutto in questa epoca supertecnologica e informatizzata, dominata dall’uso pervasivo dei media.

. Quali provocazioni ci lancia questa donna con la sua scelta estrema? Quali messaggi forti trarre dalla sua ultima fuga? Sembra di vederla, fuori la cascina, circonfusa dallo splendore del Paradiso, con una mano nella tinozza d’acqua e l’altra indicante la luna, mentre ci sprona, sorridendo gioiosamente, a percorrere il sentiero della vita senza dimenticare di volgere lo sguardo al cielo, per accogliere nel cuore smarrito e oppresso dalla noia la luce dell’infinito; ad aprire gli occhi dell’anima per scorgere, al di là della superficie delle cose, la loro essenza; a non rinunciare, per nessuna ragione al mondo, alla propria libertà interiore; a non piegarci mai ad un’omologazione mortificante che distrugge la nostra distintiva originalità.

 

“L’autenticità esistenziale” caratterizza l’esperienza umana di Carmenella: un “modus vivendi” limpido e trasparente che preserva il cuore dalla contaminazione tossica della falsità e dell’inganno e lo difende dai batteri infetti della perfidia, della calunnia e della disonestà; da tali morbi dell’anima, invece, sono colpiti molti sedicenti cristiani, che si accaniscono contro di lei con l’ accusa di vivere nel peccato perché convive, non sposata, con Peppe o tacciandola di essere  strega e fattucchiera; inoltre, la canzonano e le dicono, sprezzanti, di considerarla “una mela marcia caduta per sbaglio tra le mele buone” ; ma ella, con la poca “luttrina” appresa dalle suore e la limpidezza del suo cuore, ne smaschera il comportamento incoerente e bigotto, opponendo al loro ipocrita formalismo ritualistico  una fede viva, spontanea, sincera, intesa quale filiale abbandono a Dio Padre in tutte le vicende della vita, sia in quelle gioiose che in quelle tristi.

Il dolore bussa più volte alla porta della sua vita; in particolare, due avvenimenti luttuosi ne segnano profondamente l’anima: nell’infanzia muore il padre in guerra, lasciando nella miseria figli e moglie, che ne resta mentalmente sconvolta; in gioventù, a pochi mesi dal matrimonio, muore accidentalmente il suo promesso sposo Linuccio. Eppure, non cede alla disperazione, al vittimismo, all’autocommiserazione: si butta alle spalle il dolore “come torsolo di mela” per non soffrire, per mantenere vivo il gusto della vita e delle cose belle; talvolta il passato, con tutto il suo carico di sofferenza, riaffiora nella mente,  mai generando, però, sentimenti di rabbiosa ribellione contro un destino avverso o contro Dio.

Nell’anima di Carmenella, dunque,  germogliano, come in un’eterna primavera , i fiori evangelici del perdono e della condivisione.

Uno stile di vita, il suo, illuminato dalla luce di Cristo, da lei preso in braccio e cullato, appena nato, nell’ultima notte di Natale della sua vita, quando, in un magico evento di alchimia spirituale, le appare la Sacra famiglia. Da Giuseppe riceve parole di elogio: miele per il suo cuore estasiato, ma espressioni di fuoco per l’animo rattrappito di molti cristiani che amano solo in astratto.

La narrazione, ad andamento “sinfonico”, appassiona ancora di più il lettore, sia per la varietà dei temi sviluppati in ciascuno dei ventiquattro capitoli, sia per la pluralità di registri linguistici, usati in un’alternanza di stili che rendono oltremodo interessante e accattivante la lettura: si passa dall’elevato e solenne al brillante e vivace, dall’intenso e drammatico al colloquiale e informale, dal suggestivo e poetico allo scherzoso e umoristico, con punte  satireggianti e di sottile o pungente ironia. Ciò che pure contribuisce a rendere il romanzo un capolavoro di stile e di originalità creativa è l’uso di un linguaggio destrutturato, popolare, ricco di espressioni e di termini dialettali, rivelante, nella sua asintatticità colorita, la mentalità eclettica di Carmenella: stupefacente è stata la capacità di D’Anna di sintonizzarsi sulla sua lunghezza d’onda, di penetrarne l’anima, conformandosi pienamente al Personaggio, al suo modo di pensare, di intendere la vita, di sognare, di vivere di esprimere le sue stranezze o avventarsi contro le idiozie del prossimo, rigettare il senso di una metafora o costruirne di proprie. E’ un realismo talvolta anche estremo, che ha evitato allo Scrittore di scadere in un sentimentalismo sdolcinato e mellifluo.

L’apice di un pathos intenso, intessuto di palpiti di intima e commovente partecipazione al dolore, si raggiunge nel capitolo X, nel quale l’Autore rende stupendamente il senso della terribile tragedia del terremoto che distrugge case e palazzi, uccide donne, uomini e bambini e devasta l’anima dei sopravvissuti, i quali, spodestati dal piedistallo della boria, dell’arroganza e della propria autosufficienza, si riscoprono, nella comune sofferenza, fragili, umili, bisognosi di ricevere e di donare conforto, in un clima di solidale sostegno e di reciproca compassione,  che dà sollievo e placa l’angoscia dello spirito. Leggendo questo capitolo, non si può non rilevare che il dolore molto spesso diventa “scuola d’amore”, perché ci matura interiormente, ci fa capire il vero valore delle cose, stimola i sentimenti migliori, come acqua che feconda il deserto dell’indifferenza della nostra anima.

Non è facile seguire le orme lasciate da Carmenella,  succubi,  come siamo, del culto del superfluo e bramosi di godere, di possedere e di potere,  ma è l’unico percorso che valga la pena di compiere per combattere la cultura della morte e per dare un senso pieno alla nostra vita, persuadendoci, come afferma la Protagonista di questo intenso romanzo,che “lu sole torna sempe e che l’avimma guardà cu lu core, comme pure a li cristiani”. Chi ha il coraggio di starle dietro e di sottrarsi, con uno scatto di dignità, all’influenza malefica di tanti “pupari” che pretendono di programmare la nostra esistenza, si accorge ben presto di avere imboccato il sentiero delle Beatitudini tracciato da Cristo, dove si gusta la vita con il sapore genuino della vera felicità e si offrono mani e cuore a Dio per aiutarlo a realizzare  sulla terra il suo meraviglioso sogno d’amore.

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