“Vent’anni dopo. Capaci di rialzare la testa”: memoria e riflessione sul futuro nell’incontro presso l’Associazione Alia.

FOTO: GIOVANNI MANFREDI

Oggi, nel ventesimo anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita Giovanni Falcone, sua mogkie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, si è tenuto presso le sale dell’Associazione “Alia”  un incontro-dibattito dal titolo, denso di implicazioni, “Vent’anni dopo. Capaci di rialzare la testa.”

Dopo i saluti di Linda Muto, Presidente dell’associazione, e del Sindaco, Dott. Enzo Carfora,  la parola è  passata all’Assessore Pasquale Tignola, moderatore dell’incontro, il quale ha rimarcato la priorità di valori come la legalità e la giustizia nella società odierna, valori per cui eroi contemporanei come Falcone e Borsellino hanno perso la vita.
Su questa scorta si è articolato anche il primo intervento, a cura di Francesco Nicodemo, ex Consigliere del PD per il Comune di Napoli e blogger di “Giù al sud # quei bravi ragazzi”. Tracciando la desolante situazione dei clan camorristici nel territorio napoletano e la loro strisciante collusione con la vita sociale e politica, Nicodemo ha anche insistito sull’importanza della difesa della memoria, un tema pressante anche per gli amministratori del territorio.

 

 

Molto sentito è stato l’intervento del giudice Alberto Maria Picardi, che ricorda vividamente gli anni dell’operato dei giudici Falcone e Borsellino, motivi ispiratori della sua carriera di magistrato. Ancora vivido è il ricordo del suo esame scritto, quando, tra gli ultimi a consegnare, incontrò il viso sorridente e rassicurante di Francesca Morvillo, moglie di Falcone, che il giudice Picardi avrebbe incontrato qualche giorno più tardi, provato ed irriconoscibile.

L’intervento di Alberto Maria Picardi tenta di dare una risposta al titolo dell’incontro di oggi. Siamo davvero capaci di alzare la testa? Purtroppo la risposta del giudice non è del tutto positiva. Nei mesi e negli anni immediatamente successivi alle stragi di Capaci e via D’Amelio, la rabbia e lo scoramento di fronte alla fine sanguinosa di due uomini colpevoli di fare soltanto il proprio dovere, aveva infine lasciato lo spazio alla speranza e all’azione. Una nuova, rinnovata, fiducia nella legalità aveva acceso gli animi e fatto sperare che davvero si potessero cambiare le cose: sono gli anni della Primavera di Palermo e della crescita di un solido associazionismo antimafia.

Tuttavia questa speranza si è progressivamente affievolita, “è venuto meno l’humus che doveva innescare il vero cambiamento” commenta Picardi. Forse la colpa è da ricercare nella campagna di delegittimazione perpetrata da stampa e politica, forse colpevole è la stessa magistratura, incapace di riformarsi. Inoltre, continua il giudice, in un periodo di crisi come quello che sta vivendo il nostro Paese c’è un maggiore rischio che il potere, già notevole, della criminalità organizzata accresca ancora di più.

Tuttavia, una svolta, conclude il giudice, può e deve esserci, nel momento in cui la struttura intera della nostra società (dall’economia alla politica) saranno in grado di fondarsi sulla legalità.

L’incontro ha fornito molti interessanti spunti di riflessione e ha evidenziato l’estrema attualità di personaggi come Falcone e Borsellino, le cui vite continuano a costituire un esempio di integrità e giustizia per tutte le generazioni. Unanime e sentito è stato il consenso del pubblico, che vedeva presenti numerosi membri dell’amministrazione in carica.

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