Il degrado della nazione e del popolo italiano

Per un ventennio ci è stato detto che per vivere bene non c’era alcun bisogno di lavorare come avevano fatto i nostri genitori e i nostri nonni. La ricchezza veniva dal cielo, lo sterco del demonio era diventato un’elargizione celeste, bastava investire in azioni, obbligazioni e il moltiplicatore divino trasformava pochi spiccioli in capitali consistenti. Le vecchie professioni, antiestetiche e poco redditizie (operaio, agricoltore, muratore, ecc.), erano poi da considerarsi “roba da negher, da baluba, da terun, da sfigati”. Il successo

arrideva ad ogni angolo per le fanciulle in fiore si aprivano sipari inaspettati: ma che commesse e apprendiste, bisognava sdoganare l’escortaggio, il velinaggio, lo scosciaggio, il meretricio d’alto bordo; un po’ di disinibizione e il paradiso era a due passi, anche e soprattutto nei palazzi del potere. Darla era un po’ il primo passo verso una brillante carriera artistica o politica o imprenditoriale o tutte e tre insieme. Nuove professioni per giovani uomini intraprendenti si facevano largo tra i pregiudizi della gente: addestratori/trici di escort, pettinatori di cani, psicanalisti per gatti, otorinolaringoiatri per serpenti e iguane, promotori di azioni a rischio, spacciatori di bond, assaggiatori di escort, leccaculo professionale, opinioncasinista, raddrizzatori di banane, accompagnatore, guardia del corpo, autista con licenza di pagare, figlio mantenuto della fiscalità generale, esperto di disastri in corso, collaudatore di slogan, venditori di spiagge e pezze d’appoggio, ecc. Poi, ad un tratto, finisce la baldoria, e ci si ritrova dal vivere senza lavorare al sopravvivere senza un lavoro, senza speranze, senza prospettive, spesso con debiti, mutui e nel mezzo di una notte illune.I dati  parlano chiaro: i salari e gli stipendi vengono erosi dall’inflazione, la povertà finisce per aggredire fasce che fino a qualche anno fa venivano considerate agiate, il numero dei disoccupati aumenta quotidianamente, il lavoro sommerso e nero continua ad essere una triste realtà, le mafie continuano indisturbate a guadagnare investendo in settori “puliti” e godendo di inquietanti aderenze e imbarazzanti silenzi. Decine di italiani travolti dalla crisi e dai debiti (imprenditori, operai, pensionati, ecc) scelgono il suicidio (chi mai pagherà per questi morti?) senza che i politici (questi sì veri antipolitici) si prendano le responsabilità che il ruolo ricoperto prevede. Che modo è quello di imporre tasse che mentre si pagano non si sa ancora a quanto ammonti il totale? In che paese stiamo vivendo? Sui suicidi e sulla miseria si spera di rilanciare l’economia? Tra sofferenze delle masse e indifferenza politica si consuma una delle pagine più nere della nostra storia. Sacrifici senza una finalità, sconvolgimento della vita reale, distruzione di ogni prospettiva di futuro, scomparsa dei diritti, scomparsa del senso, della giustizia, dell’uguaglianza, della libertà. Quella che si prospetta è una dittatura statutaria del peggior capitalismo. Mi spieghi qualcuno cosa significa di diverso l’inserimento in costituzione del pareggio del bilancio? Non è la fine dello stato sociale, la fine della democrazia italiana? Ma ciò che più colpisce è l’ignoranza dilagante in ogni settore del Paese. Ignoranti colpevoli di esserlo, abbindolati dal ventennale slogan del tutto va bene, del pensiamo a divertirci, dell’ottimismo fetido che disprezzava lavoro e lavoratori. E l’ignoranza si è fatta sistema, ha finito per dileggiare tutto ciò che è cultura, che è bello, che dà lustro a un popolo. Ignoranza, disprezzo, distruzione del paesaggio e della cultura, il tutto condito da un piagnisteo e da un senso di angoscia Il paese è in ginocchio ma ancora in molti si arroccano sprezzanti a difendere la loro intoccabilità, la loro presunta superiorità, il loro usurpato privilegio.

 

Distinti saluti

Mauro Curioso

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