Un progetto di società, un’idea, una filosofia a cui ispirarsi, questo manca all’Occidente ingarbugliato in una crisi strutturale. Nelle difficoltà riescono a difendersi quelle società che, a causa di rapporti di forza o solida cultura condivisa, sono riuscite a mantenere un progetto di sviluppo sia economico che culturale. L’Italia in questo ragionamento si posiziona molto indietro. Il vuoto culturale che esprime la politica manifesta l’incapacità di questa branca del potere di determinare i rapporti sociali, costruire racconti condivisi in cui le persone possono far risiedere la propria immaginazione. La forza dell’Islam è proprio l’ideale comune, i valori come resistenza anche nei Paesi, dove non c’è grande ricchezza distribuita.
La forza di immaginare il futuro si è persa nei meandri dei sacrifici richiesti da Monti. Qual è il nostro piano di sviluppo? Come usciamo dai residui dell’economia industriale? Che futuro è prospettato per i giovani? Quali sono i nuovi settori su cui puntare?. A tutte queste domande la generazione, a cui è stato rubato il futuro, non ha mai trovato risposte da parte delle classi dirigenti. Imparando che bisogna pensare globalmente ed agire localmente, una strada può essere migliorare il contesto in cui si vive, il territorio dove delle amministrazioni valide possono veramente costruire processi di cambiamento tangibili nella tenuta dei servizi sociali, riguardo al rispetto dell’ambiente e alla valorizzazione degli spazi.
Casoria in questo processo è ferma dai tempi della costruzione del Palazzetto; non s’inventa nulla di nuovo e si distrugge gradualmente quello di cui si dispone, come lo stadio abbandonato o le aree dismesse che restano sempre dei sogni inespressi. La ricordate Città del Libro? Che fine ha fatto? Casoria è una città di commercio, di grandi sponsor, come vuole che si dica il nostro sindaco. Ed allora cemento, centri commerciali e non si fa nulla sugli sprechi della politica e su tutto ciò che potrebbe produrre sviluppo, avvicinando la città ai giovani, quelli che ormai hanno smesso di crederci. Leggendo il live proposto da Casoriadue.it riguardo alla conferenza stampa del dimissionario Fuccio, ciò che si coglie come “fil rouge” della sua accusa è il perenne immobilismo, che con l’amministrazione Carfora ha acquisito le forme di un vacuo piangersi addosso, di un triste manifesto della staticità. L’ex presidente del Consiglio Comunale parla della Consulta dei Presidenti dell’Area Nord di Napoli. “La delibera fu approvata dopo molto tempo, quando gli altri Comuni già si erano accordati. Il nostro Comune temporeggiava, così come ha sempre fatto”, così ha parlato Fuccio riguardo quest’ennesima iniziativa mai compiuta. “Io e il mio partito proponemmo un taglio delle spese politiche. Sono trascorsi più di 365 giorni per l’approvazione di questo decreto”, ha continuato in conferenza stampa nella sua denuncia ad un’amministrazione bloccata.
L’amministrazione Carfora sostiene di avere la maggioranza per continuare a governare. A prescindere dai meccanismi del potere, servirebbe chiedersi: Qual è il nostro progetto politico? Che Casoria stiamo costruendo? A che punto siamo riguardo alla lotta alla camorra? Che obiettivi abbiamo raggiunto? La situazione è migliorata dopo un anno di governo?
Una valutazione negli organi appropriati ed un confronto con esperienze politiche molto più produttive come per esempio quella della vicina Napoli sarebbero i passi da compiere urgentemente. Una volta fatti i dovuti ragionamenti, se il bilancio è negativo e non s’intravedono i margini di svolta, non si abbia paura ad ammettere i propri errori e ad andare a casa. Non tutti possono fare la guerra a Fortapasc!
Per costringere i politici a questo gesto di responsabilità, serve però svegliarsi tutti, a cominciare dai giovani che devono diventare la spina nel fianco di chi potrebbe fare tanto ma resta ferma nei suoi schemi. Lo stadio è ancora chiuso, il muro di Via Calvanese non è stato abbattuto, per nessuna area dismessa c’è un progetto concreto in campo. Non si vedono vie d’uscita ad un disastro politico; la cittadinanza costringa l’amministrazione a riflettere.