Nel convegno su “Legalità e Ambiente” emersa l’urgenza dell’etica della responsabilità per una migliore qualità della vita a favore delle future generazioni
“Non solo luoghi di culto, ma spazi per una ministerialità di liberazione, di promozione umana e di servizio devono essere le parrocchie del Sud”: chi ha partecipato al convegno su “Legalità e Ambiente”, svoltosi il 12 Ottobre scorso, si è reso conto che la parrocchia S. Giustino de Jacobis, che ha ospitato l’importante evento, ha svolto proprio la funzione caldeggiata dai Vescovi meridionali nel documento “Chiesa italiana e Mezzogiorno”. Introdotto dal parroco don Arcangelo Caratunti, che ha indicato in S. Francesco d’Assisi “l’uomo della vera utopia”per l’amore e il sacro rispetto che mostrava per il Creato, l’incontro, promosso dal comitato “Quartiere Castagna”, dall’Assessorato all’Ambiente e dalla stessa Comunità parrocchiale ospitante, ha costituito per i convenuti, tra cui il Sindaco Carfora ( che ha porto i saluti della Cittadinanza), gli assessori Casillo, Lanzano e Tignola, un
momento di notevole spessore civile ed etico per i relatori intervenuti e l’argomento da loro trattato: don Tonino Palmese, Referente dell’associazione “Libera” in Campania, e il dott. Giuseppe Comella, Referente ISDE, Medici per l’Ambiente di Napoli e Provincia. Moderatore del convegno Ciro Galiero, Presidente del Comitato Castagna, il quale, nel commentare un video in cui ragazzi di classe terza della scuola secondaria di primo grado “P. Ludovico da Casoria” hanno ben posto in rilievo la connessione tra devastazione dell’ambiente e illegalità, ha sottolineato che l’informazione nelle scuole è un “mezzo efficace” per educare i giovani al rispetto e all’osservanza delle regole e delle leggi, molto più sensibili degli adulti a recepire la gravità di problemi (abusivismo edilizio, inquinamento dell’aria, falde acquifere contaminate, rifiuti tossici interrati e incendiati…) che investono soprattutto il loro futuro e la qualità della vita.
Don Tonino Palmese ha richiamato l’urgenza dell’impegno di rendere “le città belle e giuste, perché non esiste la bellezza senza giustizia”. Il tipo di bellezza a cui egli ha fatto riferimento non è certamente riconducibile ai canoni estetici di mera appariscenza, fatuità ed esteriorità veicolati dalla TV, ma a quella che allarga gli orizzonti del cuore dell’uomo, stimolandolo al desiderio profondo di conoscere, di amare, di andare verso l’altro e verso l’Oltre da sé (“Cogliere il tutto nel frattempo”). Occorre, allora, imparare a contemplare tale tipo di bellezza, a far nascere, come cantava De André, “dal letame i fiori”, a porre, come sosteneva Peppino Impastato (giovane comunista ucciso dalla Mafia, contro la quale combatté coraggiosamente) un vaso con fiori su ogni balcone, quale simbolo di bellezza che si oppone alle oscenità, agli atti brutali e perversi della Piovra, esprimendo la ferma volontà di non cedere al grigiore dell’illegalità, della corruzione, del malaffare e allo squallore del disimpegno (“Non stare da nessuna parte è stare dalla parte del crimine!) . “La bellezza si associa alla giustizia” – ha spiegato don Palmese – “se non evitiamo di sottrarci alle due domande che Dio da sempre pone alla coscienza di ogni uomo: “Adamo, dove sei?; “Caino, dove sta tuo fratello Abele”? La prima è una sollecitazione per le Istituzioni e per la società civile a non sfuggire “all’etica della responsabilità”, all’obbligo morale di stabilire relazioni autentiche di rispetto, di amore e di trasparenza con i propri simili e con ciò che circonda; la seconda pone l’uomo di fronte alle proprie manchevolezze quando non si cura della vita degli altri ( “Non sono il custode di mio fratello”) fino ad opprimerlo e quando occulta la Verità; bisogna, invece, vivere della Verità che, per il credente, è impressa nel Volto sfigurato di Cristo in Croce, che ha perso la propria vita donandola, offrendola per la salvezza degli uomini fino al sacrificio supremo”.
Al termine, è stato proiettato un video sul sito Cantariello, vergognoso esempio di inadempienza istituzionale, nel quale la fetida e mortale puzza , oltre che provenire dai fumi che si sprigionano dal sottosuolo colmo di rifiuti tossici ( vi sono stati depositati oltre 9 mila tonnellate in 11 anni), ha origine anche dal cuore inaridito di tanti criminali che stanno rendendo la vasta area a Nord di Napoli un territorio infernale. Le scene mostrate, però, hanno anche evidenziato che l’etica della responsabilità sta emergendo grazie all’impegno dei vari comitati, non più disposti a vedere i campi coltivati avvelenati dalla diossina e ad assistere rassegnati alla morte di parenti ed amici. E’ intervenuto, in seguito, il dott. Giuseppe Comella per denunciare che, a causa delle discariche disseminate in Campania, la nostra Regione, da territorio in cui era molto bassa la percentuale di persone colpite dal cancro, in 20 anni ha subìto una impennata nell’incremento della mortalità per patologie tumorali, raggiungendo, se non superando la media delle altre Regioni; i rifiuti sversati nelle cave trasformate in discariche, dopo 12 anni, hanno inquinato perfino le falde acquifere. “Solo nella provincia di Napoli”, – ha aggiunto il dott. Comella – “negli ultimi 20 anni si sono avuti incrementi percentuali del tasso di mortalità per tumori del 47% fra gli uomini e del 40% tra le donne. E l’istituzione per il registro dei tumori approvato dalla regione Campania? Bloccato dal governo centrale perché mancano i fondi!