Siamo al countdown, l’anniversario per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia è prossimo. La RAI, con l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, ha celebrato questo anniversario con una pellicola molto discussa: “Noi Credevamo”.
Il regista, Martone, si è circondato di attori fantastici, tra tutti la bandiera del cinema napoletano d’oggi giorno: Toni Servillo e poi Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Luca Zingaretti, Francesca Inaudi, Luca Barbareschi, Anna Bonaiuto, etc…etc…
Il film racconta delle radici vere del nostro Paese, repubblicane e non monarchiche, dei giovani che hanno iniziato e reiterato nella volontà di stimolare i diversi “grandi” attori politici del tempo per sponsorizzare rivolte ed insurrezioni che potessero portare al crollo dei regni sparsi per il paese; “Noi credevamo” parla soprattutto dei vinti e dei vincitori di questo processo di unificazione.
Come spesso accade, si rivelano cose scoperte tutte molto tardi: il federalista Cattaneo rimaneva un fervente patriottico le cui teorie, tanto attuali anche oggi, venivano e vengono mal interpretate; il repubblicano Mazzini è sempre stata una mente organizzativa complessa ma mai cinica che ha sempre avuto a cuore le sorti del suo paese, Garibaldi non hai mai consegnato l’Italia del Sud a Cavour per farne un feudo di baroni del nord alleati con i poteri criminali del meridione.
Spesso, quando penso all’Unità d’Italia, provo un sentimento fortemente contrastante, ma credo condiviso da tanti italiani. Da un lato è forte il senso di appartenenza a valori condivisi in tutto lo Stivale dall’altra l’anima partenopea, campana e meridionale di tanto in tanto sopravanza lo spirito patriottico. Sono fortemente convinto che è un sentimento diffuso in tutto il paese, per ragioni obiettive (storiche e non), sincere ed in parte giustificabili, ma anche sociali, culturali, sociodemografiche; ovvio che tali idee sono in altri spesso scaturenti da sentimenti negativi (localismi, ignoranza e razzismo).
E’ bello grazie a questa pellicola che quella che si è rivelata un’occupazione dei domini austriaci del lombardo-veneto era stata pensata dai pensatori di ogni parte della Penisola come un processo di libertà per la parte più dinamica dell’Italia di allora e di oggi, che quella che si è rilevato un passaggio di poteri di monarchie (dai Borbone ai Savoia) nel centro-sud era stato pensato da quei ragazzi combattenti come la potenziale emancipazione dei contadini poveri del Sud e delle grandi forze sociali in esso contenute. E’ bello sapere che c’erano giovani di ogni parte del Paese scesi con Garibaldi fino alla Sicilia pensando di portare la libertà dove monarchi di matrice ispanica tenevano per sé tutte le ricchezze.
Il film di Martone racconta di come la Penisola, secondo il grande condottiero, doveva essere liberata e la democrazia, la pace e lo sviluppo doveva avvenire in ogni dove, senza privazioni e povertà diffusa che portarono all’emigrazione (dal Veneto, dallo stesso Piemonte e poi da tutto il Sud) alla fame ed all’eccidio di milioni di contadini che per il solo ribellarsi all’occupante sabaudo furono chiamati briganti.
“Noi credevamo” è un titolo sublime di una pellicola molto lunga (oltre tre ore), ma davvero affascinante. Rimane un film complesso ed anche un appassionato di storia fa fatica a ricollegare i diversi avvenimenti storici raccontati.
Una proposta forse provocatoria sovviene ad ogni spettatore che guarda questa pellicola: perché permangono nomi di piazze e strade dedicate a quella famiglia reale che ha preso in giro quei sentimenti di tanti italiani veri? I garibaldini erano quasi di ogni parte del paese (si fa riferimento nel film allo storico nucleo bergamasco); perché non plasmiamo una nuova toponomastica su quegli eroi?
“Noi credevamo” un film da non perdere per continuare ad amare il nostro paese.