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Papa Francesco: quante sorprese!

Sembra di rivivere gli entusiasmi, il fervore e la gioia dei primi cristiani: questo Papa argentino, di umili origini italiane, ci ha riportato di colpo, con l’animo colmo di stupore, all’essenzialità evangelica, alla radicalità di una fede troppo spesso seppellita da formalismi “gonfi di nulla” e da fronzoli, orpelli, parole vuote e chiacchiericci inconcludenti, senza alcun costrutto. L’abbiamo constatato anche alcune  ore fa nella parrocchia di S. Anna in Vaticano, dove il Vescovo di Roma ha presieduto la celebrazione eucaristica: durante la S. Messa, poco prima della conclusione, si è avvicinato al microfono e ha presentato all’assemblea un sacerdote argentino, che lavora in Uruguay, invitandolo a salire sull’altare. “Svolge il suo apostolato”, ha detto il Pontefice, “tra i ragazzi di

strada: per loro ha costruito scuole in cui hanno studiato, permettendo ai “meninos de rua” di trovare, poi, sbocchi lavorativi”. Alla fine, ha chiesto di pregare per lui.  In tale gesto profetico, ho colto la  strada che Papa Francesco ha mostrato ai credenti, entro la quale devono “camminare, edificare e confessare Cristo morto e risorto”: andare incontro ai poveri per restituire loro dignità. E’ il modo di permettere alla fede che Dio ci dona di cambiare con fatti concreti  la realtà, di combattere le strutture del peccato, di rinnovare il mondo. Altro gesto fuori dagli schemi del Vicario di Cristo: alla fine della liturgia eucaristica, ancora con i paramenti sacri addosso, si è posto sul sagrato, di fronte alla porta d’ingresso del tempio, per salutare, con baci, strette di mano e abbracci, CIASCUNO dei tantissimi fedeli che gli si avvicinavano, dispensando sorrisi sinceri. Un atto profondamente significativo della spiritualità francescana: il seguace di Gesù è colui che accoglie, che trasmette gioia, che infonde calore umano, che manifesta la paternità di Dio con gesti semplici, ma autentici e genuini d’amore. Il cristiano, ci ha fatto capire Sua Santità, non ama in astratto, ma ama in concreto, uno per uno. Dopo aver, poi, porto il saluto alla folla che lo attendeva al di là delle transenne (anche qui avvicinandovisi e, quindi, mettendo in difficoltà gli uomini della sicurezza), è salito su un’auto della gendarmeria per recarsi a S. Pietro. Ecco un’altra scelta indicativa, come quella di indossare il crocifisso non d’oro e tempestato di gemme né di fruire di mezzi di trasporto privati: come ha sottolineato qualche giorno fa, la Chiesa per aiutare i poveri deve essere povera essa stessa. Un chiaro invito ad abbandonare il superfluo, a scegliere uno stile di vita sobrio, a preferire la moderazione, la semplicità: un modo efficace per essere credibili e per dare un forte contributo allo sviluppo della solidarietà per la crescita di tutti, in particolar modo di quelli che “rosicchiano” la vita.

 

All’Angelus, sempre porgendosi in modo informale, da buon padre di famiglia, dopo aver salutato con un inatteso e sorprendente “buongiorno” gli oltre 150 mila fedeli, ha parlato della misericordia di Dio, riprendendo il tema della pagina evangelica di questa Domenica: “l’Eterno Padre esercita la misericordia con gli uomini mostrando pazienza. “Dio” ha evidenziato, “non si stanca mai di essere misericordioso con noi; siamo noi a stancarci di chiedere a Lui misericordia”: un chiaro invito, allora, a  confidare nell’amore del Signore, a non insuperbirci nella pretesa di non aver bisogno di perdono, uno sprone a inginocchiarci in un atteggiamento di umiltà, per riconoscere le zavorre che opprimono il nostro cuore, chiedendo a Dio di liberarcene, per riprendere il cammino della nostra vita con la gioia derivante dalla certezza di essere amati, di essere voluti bene, quale che sia il nostro passato di manchevolezze, di miseria morale. “Mi è rimasta impressa”, ha riferito (senza tener conto del discorso scritto su fogli che aveva davanti) , “una riflessione di una signora anziana, donna umile, che mi chiese di confessarsi, la quale mi disse che se Dio non perdonasse, il mondo non esisterebbe”. Infine, dopo aver citato un libro del teologo Kaspers  sulla misericordia, letto in questi giorni, di cui è rimasto favorevolmente colpito, (“Non dite che faccio pubblicità ai libri dei miei cardinali”)” ha concluso chiedendo pere tutti l’intercessione della Madonna, “Colei che ha preso la Misericordia fra le braccia, Dio fatto uomo in Gesù”.

Francesco, Vescovo di Roma, “preso quasi alla fine del mondo”, il primo Pontefice dell’America Latina,  il primo Papa  gesuita, incarna non la Chiesa istituzionale, curiale, ma quella che il Concilio Vaticano II definì efficacemente “popolo di Dio”. Nel documento conciliare “Gaudium et Spes” si legge: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo”. Ecco, nello sguardo di papa Bergoglio, nella scelta del nome che si è dato, nei suoi gesti, nelle sue parole, nel suo invito a camminare insieme e nella sua insistente richiesta di pregare per Lui,  si coglie la “cifra” alta del suo pontificato: accompagnare l’umanità intera nel pellegrinaggio terreno, condividendone gioie e speranze, tristezze e angosce , immedesimandosi soprattutto in coloro che non contano nulla agli occhi degli uomini, ma che valgono tanto agli occhi di Dio.   

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