Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo
vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».
Parola del Signore
Giovanni è in prigione, è al culmine della sua missione. Ora Giovanni si pone davanti a Cristo, come colui che non sa ancora cosa si deve aspettare. Perché il Signore arrivi noi dobbiamo, come Giovanni, uscire dai nostri schemi. Le verità della vita non sono mai come noi ce le aspettiamo. Giovanni comprende dalla risposta di Gesù si rende conto che quello che verrà dopo è al di sopra di ogni sua aspettativa. I ciechi siamo noi, che vediamo solo quello che vogliamo, gli zoppi siamo noi quando ci fermiamo, il lebbroso siamo noi quando ci isoliamo dagli altri, siamo sordi quando non riusciamo ad ascoltare gli altri. Siamo dei poveri che abbiamo bisogno della buona notizia. Siamo in prossimità del Natale, come ciechi che arrancano, cerchiamo il regalo giusto, il vestito giusto, le cose giuste, non sappiamo guardare alla luce che viene. Se le cose che oggi ci affannano tanto (REGALI, FESTE, VESTITI …) sono davvero fondamentali, perché dopo le feste sentiamo sempre un senso di vuoto? “.. passato il santo passata la festa”. La vista che Gesù viene a portare ci offre una festa che è gioia che dura, che non svanisce nel tempo. Zoppichiamo sempre di fronte alla carità, all’attenzione all’altro, eppure potremmo sempre con mani e cuore generoso correre incontro agli altri. Quante volte ci chiudiamo nelle nostre convinzioni, pensando di essere nel giusto sempre, soli, isolati come lebbrosi. Soprattutto quante volte siamo sordi. Non ci accorgiamo neppure degli altri, mentre parlano già diamo risposte, ma chi vuole sfogarsi chiede ascolto, non risposte. Colui che viene porta la pace interiore, quella che ci da il dono di metterci in ascolto di chi ci è vicino. Questo è un Vangelo di guarigione, una promessa di guarigione. Tutti dobbiamo fare i conti con i limiti della nostra natura: la malattia, la morte. Il senso della vita è come affrontiamo queste cose. Cosa attira la nostra atenzione? «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Coloro che seguono le masse? ( canne sbattute dal vento) o coloro che ostentano le loro ricchezze? Cosa ci attira veramente? La risposta è una l’integrità della testimonianza: perché ai funerali di Madre Teresa di Calcutta c’erano una folla indistinta di credenti e non? Perché questo papa piace tanto? Perché in noi c’è l’esigenza di cose più grandi, tanto grandi che vanno al di là di ogni nostra aspettativa. Genoveffa Tuccillo