Bamboccioni, sfacciati, spericolati, senza ideali, sfaticati, sui giovani se ne dicono davvero di tutti i colori. La più severa nel giudizio è sempre la generazione precedente. Quella presuntuosa che, quasi mai, fa un’ esame di coscienza e ammette che se oggi la vita è più complicata di ieri è anche a causa delle proprie scelte sbagliate che hanno lasciato in eredità a quelli che ora sono i giovani, un mondo che spesso non piace. L’insoddisfazione porta, talvolta, all’apatia. Ed è questa che sembra caratterizzare le generazioni attuali. Apatia soprattutto nella rivendicazione dei propri diritti. Un generazione, quella dei giovani, posta difronte a scenari drammatici, privata del diritto di sognare. “Non faccio programmi”, questa la frase più in voga tra questi figli sfortunati di una società in piena crisi e che fatica a ritrovare il proprio equilibrio. Un esercito accomunato dal fatto di sentirsi perennemente in gioco, ma in una posizione di debolezza sssoluta. Accomunati dalla frustrazione di uscirne spesso “perdenti”; dallo sconforto sperimentato, il più delle volte, per non riuscire a raggiungere la tanto agognata stabilità economica.
Cresce di giorno in giorno, il disorientamento di chi è ancora troppo acerbo, al mondo da troppo poco per rispondere alle sfide della vita a suon di pugni. Ci si lascia schiaffeggiare e non sempre si ha la forza di reagire. I giovani si trovano a dover vivere in una modernità che Zygmunt Bauman, acuto sociologo britannico, definisce “liquida”, priva di punti di riferimento. Una condizione che non dipende più dall’età, ma dall’attesa di un esito, di una stabilizzazione legata per lo più alla realizzazione professionale. Oggi si è “giovani” a 30 e più anni. Ad età in cui i nostri genitori erano sposati, con il peso e le responsabilità di una famiglia propria, oggi appena ci si affaccia al mondo del lavoro. Da sempre i giovani fanno discutere di sé: interi decenni restano indelebili nella storia proprio per le innovazioni ideologiche e culturali da loro portate. Effervescenza e freschezza hanno caratterizzato intere generazioni ed ispirato registi illustri dal cui genio sono nati capolavori del cinema come: “La meglio gioventù” di Giordana, “Ricordati di me” di Muccino, “Che ne sarà di noi” di Veronesi. “La generazione politica”, è chiamata quella degli anni 60 e 70; “Del consumo”, quella degli anni 90. Come sarà ricordata l’attuale generazione? Quella che non si ritrova più nelle piazze, ma in quelli che Marc Augè chiama i “non luoghi” , centri commerciali, ipermercati, megastore; quella che si innamora su Facebook; quella alla quale la rete, il mondo virtuale dà, paradossalmente, più sicurezze e certezze del mondo reale; la generazione di monadi, chiusa nelle proprie stanze, che si rifugiata in uno sconfinato cyberspazio, come sarà ricordata? Una generazione che non vede il domani, sempre così incerto, labile; schiacciata nel presentismo, senza possibilità di immaginare. Sarà ricordata come la generazione a cui hanno rubato il futuro, cancellato il passato e distrutto il presente.