Democrazia Cristiana: la croce d’Italia e di Casoria

Troppe tentazioni di ritorno al passato affollano il paesaggio politico. La nostalgia dei vecchi assetti si tocca quasi con mano. Ed è contagiosa. Gli “innovatori” di una sola stagione, unanimemente, dicono che forse si stava meglio quando ci si credeva di stare peggio.

Il vento di Tangentopoli ha disperso i democristiani ed i socialisti ai quattro angoli della politica, costringendoli a convivere con infedeli che neppure conoscono le nobili pratiche del tradimento, del clientelismo, della corruzione bassa bassa. Per mettere piede nella martoriata terra casoriana, per scendere alla fermata del tram, proveniente da Napoli, in Piazza Giovanni Pisa, o pruvulino, il posto dove nel 1600 avvenivano le impiccagioni; o alla fermata di Piazza Benedetto XV, o puntile, andrebbero spiegate, con la remissione dei peccati, come obbliga la religione cattolica, faro di chi si rifà alla Democrazia Cristiana, quella di De Gasperi e Don Sturzo, la europea opera del Palazzetto dello Sport, costato 40 miliardi di lire, la storia dei Capi Ripartizione di democristiana memoria con titoli di studio equivalenti alle qualifiche di operaio o al massimo impiegato d’ordine, la speculazione edilizia (una delle città più cementificate d’Italia), tanto da inventarsi, l’operazione “hot stone”, i concorsi truccati, quelli “per parenti”, la costruzione di quell’obbrobrio edilizio dell’Asl in via De Gasperi ed anche di alcuni fabbricati nella mitica “chiazza”, gli incarichi milionari (ai tempi delle lire) agli architetti ed ingegneri di loro fiducia per progetti mai messi in cantiere, il degrado del Centro Antico e la nascita di palazzi a sei piani per il piacere della mania verticale ma anche di alcuni ben riusciti piani di recupero, le villette a schiera, gli affitti passivi (tutti ereditati dal Sindaco Carfora e dall’Assessore al Patrimonio Mariano Marino), l’acquisto miliardario di quei brutti uffici di via Po, i fitti attivi non riscossi, gli sperperi per feste di piazza ed i contributi a pioggia, il post terremoto del 1980 e tutto quello che è significato (chi può dimenticare “l’assessore al formaggio”), la speculazione sul dolore dei professionisti del disagio, l’abusivismo edilizio, l’inquinamento da veleni di fabbriche, le strane storie del Mercato Ortofrutticolo, lo sconcio del Mercato dei tessuti del venerdì, le costruzioni ai confini con Afragola e la polemica sugli abbattimenti.

L’elenco è lunghissimo e loro, socialisti e democristiani, lo sanno. Non ho certo dimenticato l’”intelligente” acquisto del manufatto ex Snaidero, in via I Maggio, ad Arpino, ai confini con via Stadera e la Città di Napoli. Nel 1986 questo Comune, a guida democristiana, acquistò per un miliardo e seicento milioni di lire questa fabbrica in disuso e poi la abbandonò………… ed è sempre lì quel capannone arrugginito con i suoi segreti di morte, con tutta una storia di particelle frammentate su cui la Magistratura non ha fatto luce.

E così, come adepti di una religione avversata, di tanto in tanto – e da un po’ di tempo sempre più frequentemente – i democristiani mostrano una violenta ostilità ad adattarsi al mimetismo a cui sono stati costretti dalle vicende giudiziarie prima e politiche poi. Stanno insorgendo in nome di una identità e nel segno di un disegno di restaurazione che apertamente sostengono.

In democrazia si “conta” in proporzione al consenso e, pertanto, i centristi meritavano appena il loggione nel teatro della politica italiana. Invece, sul palcoscenico istituzionale, occupano prestigiose poltrone e, a Casoria, tutti i Sindaci dal dopoguerra ad oggi sono stati democristiani, con qualche piccola parentesi socialista. Altro che strapuntini: il loggione e in piedi……..democraticamente.

Non vogliono il cambiamento, non vogliono essere subalterni ad alleati di maggior peso elettorale, non vogliono sentirsi sotto accusa nonostante portino quasi intera la responsabilità di aver ridotto l’Italia e, per quanto ci riguarda, Casoria, nelle miserevoli condizioni attuali.

La linea della negazione, insomma, l’hanno sposata fino in fondo.

Di contro, pretendono di contare, di determinare, di trascinare gli altri sulle loro posizioni. Si fanno paladini di una strategia trasversale il cui esito finale dovrebbe essere la ricostruzione della Democrazia Cristiana nella quale dovrebbero confluire Pdl, Pd, Udc, Udeur, e tutti gli altri partiti di centro, riottenendo il vecchio simbolo con lo Scudo Crociato e la prestigiosa sede di Piazza del Gesù a Roma, dove passavano Ministri e Cardinali ed oggi è stata persa dai suoi “nobili e aristocratici” inquilini.

Prosperano senza concime e senza fatica; si offendono se per difendersi dalla loro innegabile invadenza si invoca l’uso del disserbante. Hanno la stessa puzza dei terreni inquinati della ex Resia (diventata poi ex Enichem ed oggi è là abbandonata, in attesa, su quel posto, di un PIP) o quelli della ex Rhodiatoce.

Quanta sensibilità dopo che per trent’anni hanno scaricato massicce dosi di cemento su Casoria che, invece, oggi, li dovrebbe condannare elettoralmente a percentuali da prefisso telefonico.

Cosa vogliono oggi questi democristiani annidati nel Pdl, nel Pd, nel terzo polo, nell’Udc, che hanno vissuto gomito a gomito e beneficiato dei favori di Pomicino, Gava, Di Donato, Scotti, Mensorio, Vito, Santonastaso etc.?

Vogliono rifare la Dc perché borghesi di rango e intellettualoidi sono alla conquista della P3, le tre P: Prebende – Poltrone – Potere.

Non hanno lo stomaco di dirlo apertamente e perciò parlano, più vagamente di un centro “possibile” da ricostruire. Insomma, in prospettiva, pensano di dar vita, dopo magari aver preso i necessari voti a Destra e a Sinistra, ad un raggruppamento ed in grado di condizionare la formazione di una qualsiasi Amministrazione. Non si può dire che questi democristiani siano coerenti con la loro storia. Vogliono fare quello che hanno sempre fatto. Perciò si arrabbiano quando Bossi dice “Roma ladrona”, quando nel Pd li escludono, quando nel Pdl li trattano un po’ ruvidamente, quando la gente ricorda loro quello che sono stati.

L’indovinello di questa “caldo autunno”, dunque, è: per quanti anni ancora dovremo avere governi democristiani? Ci si può fidare?

E tanti auguri.

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