L’approccio diagnostico dell’osteoporosi deve prevedere inizialmente un esame clinico che comprende una raccolta anamnestica accurata ed un esame obiettivo sistematico. È così possibile distinguere la sintomatologia dolorosa ossea da quella articolare e quindi orientare correttamente la diagnosi. Gli esami ematici consigliati cosiddetti di primo livello (emocromo, VES, profilo proteico, calcemia, ALP, calciuria ), consentono in genere di riconoscere una forma cosiddetta primaria, ove i risultati degli esami sono
nella norma, da una forma secondaria nel caso che sia presente un’altra malattia che determini il deterioramento del tessuto osseo. Nella grande maggioranza dei casi di osteoporosi gli esami ematici risultano normali.
Nella fase conclamata dell’osteoporosi l’esame radiologico dello scheletro, oltre alla presenza di fratture, mostra una diffusa radio-trasparenza delle strutture ossee, particolarmente evidente a livello delle vertebre. Peraltro l’esame radiologico è in grado di evidenziare una condizione di demineralizzazione soltanto quando la massa ossea si riduce di almeno un terzo. La patogenesi della frattura osteoporotica è strettamente correlata alla bassa densità ossea che determina una riduzione della resistenza dell’osso essendo essa proporzionata alla massa ossea.
In genere, le fratture vertebrali nell’osteoporosi insorte nei primi 15 anni della menopausa o quelle conseguenti a terapia prolungata con glucocorticoidi si manifestano di frequente con un collasso del corpo vertebrale o con un elevato grado di compressione e si accompagnano spesso ad evidente sintomatologia dolorosa, mentre quelle insorte dopo i 75 anni hanno un andamento lento nel tempo e sono molto spesso clinicamente silenti.
A seconda della deformazione, le fratture si definiscono a lente biconcava per cedimento della zona centrale (vertebre di pesce), appiattite per il cedimento globale del corpo vertebrale, oppure schiacciate a cuneo per cedimento della loro parte anteriore. Le fratture più frequenti nell’osteoporosi sono quelle da collasso dei corpi vertebrali della regione dorso-lombare, interessanti la regione anteriore dei corpi vertebrali e tali da provocare deformazione scheletrica e conseguente riduzione della statura, così quella caratteristica deformità della malattia nota come cifosi dorsale a grande arco. Le piccole deformazioni di un corpo vertebrale, spesso asintomatiche, sono difficili da rilevare e per ovviare alla variabilità dei controlli nel decorso della malattia sono state sviluppate tecniche sia semiquantitative che quantitative al fine di individuare con precisione le deformazioni dei corpi vertebrali e monitorarle nel tempo. Nel corso degli ultimi anni è entrato in uso lo studio quantitativo sulle radiografie laterali del rachide dorsale e lombare, denominato morfometria vertebrale, in cui, per ogni corpo vertebrale, si calcola l’altezza relativa nella parte anteriore, centrale e posteriore, e la si paragona all’altezza relativa di un corpo vertebrale normale di riferimento. Quando una delle altezze misurate risulta inferiore da almeno il 15 o 20% rispetto al valore di riferimento la deformità vertebrale evidenziata è compatibile con una avvenuta frattura. Occorre tuttavia ricordare che non tutte le deformazioni vertebrali sono causate da osteoporosi e quindi la analisi morfologica deve sempre essere integrata da dati clinici.
Una stima della massa ossea, e quindi della resistenza dell’osso, viene effettuata attraverso la misurazione della quantità minerale o densità. È la mineralometria ossea computerizzata (MOC) o densitometria ossea. Si tratta di una esame semplice di tipo radiologico effettuato mediante una speciale apparecchiatura che stima la quantità minerale in uno o più siti scheletrici utilizzando una bassa quantità di radiazioni. La densitometria a raggi X (DXA) rappresenta la tecnica più diffusa e più usata per la misurazione della BMD; essa permette di misurare vari siti scheletrici (rachide lombare, tratto prossimale del femore, radio distale e ultradistale, e infine su tutto lo scheletro) con sufficiente accuratezza e precisione: è così possibile ottenere misure precise sul contenuto minerale delle componenti trabecolare e corticale del tessuto osseo. La densità ossea (BMD) viene misurata come valore assoluto (g/cm2 o g/cm3) e come T- o Z-score, dove per T-score si intende il numero di deviazioni standard dal valore medio di soggetti giovani, al picco di massa ossea (circa 30 anni), mentre lo Z score fa riferimento al numero delle deviazioni standard dal valore medio del soggetto di pari sesso ed età. L’O.M.S. ha definito come osteoporosi il valore di T-score <2,5SD, valore che identifica come osteoporotiche il 1 5 – 20 % delle donne in menopausa di età superiore ai 50 anni.
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