Abbiamo incontrato per i lettori di CasoriaDue Edvin Dervisevic, giovanissimo e talentuoso linguista sloveno, esperto di lingua italiana, che ci ha parlato dell’evoluzione della lingua nel teatro e che vede in Filumena Marturano di Eduardo De Filippo l’opera italiana per eccellenza. [l’intervista è stata pubblicata sul settimanale CasoriaDue. Evidenziate in blu, qui sul sito web, due domande extra non presenti nel formato cartaceo]
Ciao Edvin! Nei mesi passati hai redatto un interessantissimo lavoro di ricerca sullo sviluppo del linguaggio parlato al teatro “SNG Drama” di Lubiana, un lavoro che nasce dal sinolo tra lingue e teatro. Puoi introdurci, brevemente, a questi due mondi?
Parlando di teatro e di lingue affrontiamo due aspetti molto più collegati di quanto possa sembrare a prima vista. Il teatro non esiste senza lingua proprio come una lingua non esiste senza il teatro: teatro nel senso della mimesi del mondo come questione essenziale già ai tempi di Platone e Aristotele. Pertanto questi due termini convivono in una simbiosi abbastanza intensa. Ogni paese, ogni nazione con la propria lingua e il proprio teatro rappresenta anche la propria storia, la cultura, lo stile di vita, la propria posizione nel mondo, che si distingue da ogni altro paese, facendo parte in tal modo di una complessa varietà con le sue sfumature infinite.
“La questione del linguaggio teatrale è molto più complessa di quanto sembri […] il linguaggio non è solo ‘fonetica esterna’ perché la lingua è emozioni, pensieri e desideri” dici all’interno del tuo lavoro di ricerca. Credo che sia un passaggio chiave che apre a molte riflessioni, anche perché in molti tendono a circoscrivere il linguaggio soltanto al mondo dei ‘suoni’, commettendo così un errore di valutazione evidente. Come credi che un linguaggio ‘inespresso vocalmente’ (mi si lasci passare questa espressione poco gradevole!) come quello delle emozioni, dei pensieri e dei desideri possa intrecciarsi con una rappresentazione teatrale? Soltanto attraverso la mimica e i gesti?
Certe volte non ci rendiamo conto quanto ampia e complessa sia la questione del linguaggio in realtà, considerandolo sistema fonetico, combinazione di suoni, mezzo fondamentale di comunicazione umana, bensì bisogna sottolineare che il linguaggio del teatro va oltre queste definizioni basilari, cercando di esprimersi nel suo complesso. La comunicazione non verbale di cui le componenti più note sono proprio la mimica e i gesti rappresentano senza dubbio una parte molto importante dello spettacolo teatrale che al giorno d’oggi viene messo in evidenza anche più della comunicazione verbale. Ho notato che vari spettacoli tendono sempre più ad usare anche degli effetti speciali, provocando in tal modo emozioni più intense nel pubblico, simili a quelle dei film, rendendo così una presentazione anche più ricca dal punto di vista estetico e visuale, addirittura con parti del testo proiettate sullo sfondo, piuttosto che enunciate da un attore. A tal punto bisogna far notare che il linguaggio nella sua evoluzione perpetua non cambia molto rapidamente dal punto di vista del suo sistema, si trasforma però abbastanza velocemente in varie forme e in nuovi contesti a seconda del tempo e dell’ambiente. Con la società moderna in cui viviamo si tende sempre più ad utilizzare delle forme abbreviate, esprimere emozioni con degli adesivi, etc. Una cosa che esiste nel mondo dei social, ma che in realtà negli ultimi anni prende campo e si rispecchia anche nel teatro, il quale è sempre stato in particolare lo specchio della società del tempo, però con un mantenimento di certi modelli originali e tradizionali, seguendo uno schema preciso e ben determinato. Non soltanto la mimica e i gesti, ma è proprio tutto l’atteggiamento e l’orientamento ‘’non verbale’’ di oggi che apre una nuova questione, non solo teatrale, ma anche sociale in linea di massima.
In un’altra parte del tuo lavoro hai giustamente evidenziato la continua evoluzione della lingua e hai messo in relazione le differenze linguistiche che esistono nel vostro paese (da Maribor a Lubiana passando per Capodistria), una peculiarità che ovviamente non riguarda soltanto la Slovenia. Mentre tratti l’argomento, utilizzi alcune espressioni chiave come “linguaggio colloquiale generale” e “linguaggio del teatro”. Come introdurresti questi due aspetti?
Il linguaggio teatrale consiste nell’usare al più possibile tutti i tipi del linguaggio, tra cui è sempre più presente anche il linguaggio colloquiale. Esso è frequentemente composto da turpiloqui; varie trivialità e scurrilità che non sembrano aver luogo all’interno di un’istituzione culturale, ma bisogna evidenziare che proprio questi aspetti, pur essendo a volte molto crudi, immediati e sconvenienti, rispecchiano al meglio la realtà di un determinato ambiente sociale oppure di un periodo storico che uno spettacolo vuole mostrare. Per quanto inadeguato possa sembrare un certo elemento per una rappresentazione teatrale, esso va assolutamente introdotto qualora faccia vedere nel migliore dei modi la situazione di una società o di un tempo specifici. Vale lo stesso anche per i vari dialetti che dovrebbero essere assolutamente più considerati anche nel mondo del teatro. Affinché un certo linguaggio all’interno dello spettacolo svolga il proprio ruolo, abbia la propria intenzione, il proprio senso e il messaggio, non solo è assolutamente concesso, ma è addirittura fondamentale per l’ampliamento della varietà teatrale.
Delle opere “messe in scena” che hai utilizzato per il tuo lavoro di ricerca, quale vuoi prendere “a campione” per raccontare qualche altro aspetto che fino ad adesso non è ancora emerso nel corso della nostra chiacchierata?
“Liliom” dell’ungherese Ferenc Molnar: la particolarità di questo spettacolo teatrale consiste nel trasferimento del tempo dal periodo della prima guerra mondiale in un quartiere di Budapest a un attuale quartiere di Lubiana oggi. Non solo il tempo e il luogo sono stati spostati però. Con tutto ciò sono stati adattati anche tanti altri elementi. La storia con la sua tematica e il contenuto ovviamente rimane la stessa, ma ci sono delle parti all’interno dell’opera che cambiano a seconda della situazione attuale. Ad esempio, il protagonista nel testo originario era un gestore di giostre in un parco, mentre nella versione attualizzata che è stata messa in scena, cioè nello spettacolo, il protagonista fa il Dj. Ciò ci fa vedere quanto importante sia la riproduzione teatrale e in che modo essa cambia rispetto a quella originaria, letteraria. Mantiene il tema, il contenuto e il messaggio mentre all’interno possono cambiare molti aspetti.
C’è qualche opera teatrale in italiano che ti piace particolarmente e c’è qualche autore, del presente o del passato, a cui guardi con grande interesse?
Ce ne sono tante. L’Italia vanta una grande tradizione nelle opere teatrali, in particolare quelle del Novecento. In tal caso come preferenza personale sottolineerei Eduardo De Filippo e la sua Filumena Marturano, una delle più grandi commedie teatrali. Per quel che concerne la lingua italiana invece, ci sono sempre tantissimi aspetti che mi incuriosiscono, spesso ne rimango affascinato. Se dovessi sceglierne alcuni, metterei in risalto proprio i seguenti; la questione della fonetica a cui sono maggiormente interessato e la presenza del congiuntivo nel parlato che in vari casi (non tutti) sembra subire l’estinzione. Ma diciamo che della lingua più bella del mondo mi interessa un po’ tutto. A volte la lingua è come una nuova sfida, intrigante, e c’è sempre un qualcosa di nuovo da scoprire.