Honorè de Balzac, quando era ancora in vita, ebbe a dire che “tutta l’umanità è passione; senza passione, la religione, la storia, i romanzi, l’arte sarebbero inefficaci”. Ed è forse per questo che noi sentiamo la necessità del calcio, sport in cui la passione recita un ruolo da protagonista indiscusso perché non anima solo lo spirito interiore dei 22 in campo, ma anche di chi, dagli spalti e da casa, resta aggrappato ad un gol sul filo di lana o ad un prodigioso intervento del portiere che mantiene inalterato il risultato.
Il calci, soprattutto quando riguarda le competizioni in cui scendono in campo le rappresentativeazionali, incarna la storia, come accaduto nella “sfida dell’impero” tra Austria e Ungheria. Il calcio, che è anche una cartolina della società, non può essere scisso dalla religione, soprattutto quando la vita dei protagonisti si intreccia con la propria fede. Ne sa qualcosa Pogba che, insieme ad altri compagni di nazionale di confessione musulmana, ha deciso di non praticare il Ramadan. Una scelta sicuramente sofferta, anche se non mangiare e bere dall’alba al tramonto avrebbe senz’altro compromesso l’integrità fisica di chi si allena giorno e notte per raggiungere un risultato importante all’Europeo. Anche se, ad esempio, in casa Albania il tecnico De Biasi ha lasciato “libertà di scelta” ai suoi giocatore di fede musulmana sul Ramadan. Questo proprio a rimarcare la “cartolina della società” rappresentata dal calcio, con le diverse visioni del mondo da parte di ogni singolo individuo: insomma, questione di scelte. Il calcio è anche arte, è soprattutto arte: non trovo altre parole per identificare i capolavori firmati da Luka Modric contro la Turchia e dal francese Payet all’esordio contro la Romania. Il calcio partorisce anche romanzi: come può non esserlo la straordinaria impresa della Danimarca a Euro 1992?Insomma, quando Balzac ha partorito quella citazione sicuramente non pensava al calcio, ma è una frase che si sposa benissimo con il gioco più controverso e amato al mondo. Tutta l’umanità è passione, la passione è alla base del calcio. Un sillogismo aristotelico che ci porta ad affermare, ancora una volta, che il calcio è semplicemente lo specchio della società.
Quanto accaduto a Marsiglia nei giorni e nelle ore che hanno preceduto la chiacchieratissima Inghilterra-Russia ne è l’esempio. Stiamo parlando sicuramente di una falla nel sistema della sicurezza francese, magari troppo impegnata a fronteggiare la minaccia terroristica dell’ISIS. Ma la troppa attenzione verso un solo problema ha finito per crearne degli altri: Marsiglia è diventata terra di conquista degli hooligans e in queste ore ci arrivano altre notizie abbastanza simili di Lille. Questo dev’essere un monito per quelli che vedono l’erba del vicino sempre più verde: gli specialisti nella creazioni di disordini non esistono solo in Italia, ma sono un po’ ovunque. Hanno volti diversi, nazionalità diverse. La differenza, però, la fanno le regole: se non ci sono, vanno fatte. Se ci sono, vanno applicate. Parliamo da tanti anni del celeberrimo “modello inglese”, ma le chiacchiere da bar restano al bar.
Ma proviamo a focalizzarci sulla prima parte di questo Europeo che vede una sola costante: il “mezzo flop” delle favoritissime. L’indiziata numero 1 alla vittoria finale, la Francia, rischia di steccare alla prima davanti al pubblico amico e viene salvata solo dalla prodigiosa magia di Payet, di cui abbiamo già avuto modo di parlare, lasciando ai rumeni l’amaro in bocca per un’impresa mancata. Solo pari per l’Inghilterra: gioca male, riesce comunque a trovare il gol del momentaneo vantaggio al 73′ con Dier, ma poi subisce la doccia gelata nel recupero che consacra il pareggio russo a firma Berezuckij. Non convince la Germania, nonostante i tre punti, contro un’ottima Ucraina, mentre la Spagna fatica con la Repubblica Ceca e trova la gioia della vittoria solo a pochi minuti dal 90′ grazie ad un gol di Piquè. Cade rovinosamente il decantatissimo Belgio contro un’orgogliosa e testarda Italia. Flop di dimensioni bibliche per il Portogallo di Cristiano Ronaldo che, nel girone apparentemente più semplice dell’Europeo, stecca clamorosamente con l’Islanda: un pareggio dal sapore di sconfitta per i lusitani.
Complice la staticità del gioco (e non solo) delle “prime della classe”, spiccano per il momento due Nazionali che si conoscono molto bene, essendosi fronteggiate nella fase di qualificazione a questo Europeo: parliamo della Croazia e dell’Italia. I primi hanno vinto di misura contro la Turchia, ma hanno mostrato un impianto del gioco decisamente ben strutturato . Sono risaliti nella classifica dei bookmakers e, ad essere sinceri, una loro vittoria finale non sarebbe nemmeno così clamorosa: una squadra che può schierare a centrocampo due giocatori del calibro di Modric e Rakitic dovrebbe partire sempre in pole position in ogni competizione. Però a volte “la storia della maglia” che s’indossa può condizionare il cammino di una selezione, che potrebbe bloccarsi al momento del salto di qualità, oppure sopperire alle capacità tecniche. Il secondo è il caso dell’Italia. La missione dei ragazzi di Conte è partita tra lo scetticismo generale, anche perché le assenze di Marchisio e Verratti avevano abbattuto anche i più fiduciosi. Ma nella testa degli azzurri è scattato qualcosa, il senso di orgoglio e di appartenenza, la cattiveria agonistica, l’essere italiani: Giaccherini diventa magicamente eroe per una notte, così come il “fidatissimo” Pellè, con il blocco Juve in difesa a dare quella compostezza e quell’esperienza a un gruppo che non deve montarsi la testa per il primo successo, ma dev’essere ben consapevole che ha le carte in regola per giocare contro chiunque.
La prima parte della fase a gironi ci ha detto tanto, ma non ci ha detto tutto. I giochi non sono ancora fatti, siamo ancora alla ricerca delle sedici squadre che animeranno la fase ad eliminazione diretta e aspettiamo che la vera favorita decida finalmente di svelarsi agli occhi degli europei. Abbiamo ancora tante domande e curiosità da sciogliere: ritornerà l’Ungheria ai fasti di Puskas dopo lo storico successo all’esordio con l’Austria? La favola islandese si fermerà al pareggio con il Portogallo? Riuscirà De Biasi a regalare uno storico passaggio della fase a gironi all’Albania? Il Galles di Bale continuerà a dire la sua? La coriacea Polonia tornerà protagonista come in passato? E soprattutto: le big continueranno a steccare o inizieranno a convincerci?
Le 12 partite del secondo turno sapranno sicuramente rispondere a gran parte dei quesiti. Nazionali, a voi il campo: l’Europa vi osserva.