Chi ha visto Hereafter, forse si aspettava che l’intreccio delle storie parallele di tre persone, che in modi differenti, hanno avuto a che fare con la morte avvenisse con tempi di pellicola più corti. Che un argomento tabù – rimasto soltanto sullo sfondo della sceneggiatura -, come quello della vita ultraterrena, mandasse in estasi lo spettatore.
Invece no, Clint Eastwood – una delle personalità più incisive del cinema americano oggi -, partendo da un’idea intrigante, si concentra sui protagonisti che vengono segnati dalla morte e che soffrono per la perdita di un proprio caro o per il senso di colpa di essere sopravvissuti.
Il film, prendendo spunto dall’apocalittica scena dello tsunami, si apre con Marie Lelay (Cécile De France), cronista parigina d’assalto che, in seguito ad un’esperienza a cavallo tra la vita e la morte, perde ogni certezza votandosi all’esplorazione dello sconosciuto mondo dell’aldilà.
Nel frattempo, Marcus – piccolo studente londinese allontanato dalla madre tossicodipendente -, non si arrende al pensiero della violenta morte del gemello.
Ostile alle attenzioni della nuova famiglia, cerca ostinatamente di recuperare un contatto col fratello cadendo nel tranello di sensitivi e ciarlatani, fino a che si imbatte in George (Matt Damon), un operaio americano che ha un rapporto speciale con l’aldilà, ma che desidera di riacquistare la normalità perduta.
Ognuno attraversa la sua strada per scoprire la verità, le loro vite lentamente si intrecciano e alla platea, il regista lascia il compito di disegnare i loro destini.