L’impellenza d’intralciare le “prove di regime”, con le quali a fasi a alterne (negli ultimi 40 anni) hanno tentato di distruggere i pochi resistenti alla dittatura del capitalismo, si fa sempre più forte.
A tal proposito vi consiglio la lettura del libro di Imposimato sui retroscena del rapimento Moro (I 55 giorni che hanno cambiato l’Italia).
Io l’ho quasi completato ed è stato sconcertante per me avere conferma di miei convincimenti che furono tali già all’epoca dei fatti (primavera 1978) appena ventiquattrenne (io) ma già di pensiero autonomo e prossimo a sposare la mia (tutt’ora) compagna di vita.
Poi nei primi anni ’90, dopo la farsa del “muro di Berlino”, occasione nella quale eminenti pezzi di merda si sono beati di un impresa degna della loro merdosità, “affinai “le mie riflessioni.
Di ciò v’è traccia nei periodici locali del tempo (uno tra tutti il Confronto Nuovo di area P.D.S. distribuito a Nord di Napoli) di cui conservo qualche stralcio.
Sin dall’ora avevo capito che il il “Compromesso Storico” (non la Compromissione storica del nostri giorni tra P.D. e P.d.L.) auspicato da Moro e Berlinguer aveva suscitato la stesse preoccupazioni che allarmarono U.S.A. ed U.R.S.S. nei primi anni ’60 e che si conclusero con l’ammazzamento dei due Kennedy.
L’avversione suscitata dal quel modo di fare politica che, per la seconda volta nel dopoguerra, non avversava il comunismo italiano li preoccupò tanto da costringerli a sacrificare pezzi da 90 della loro nomenclatura: i Kennedy e Moro certo comunisti non furono, anzi tutt’altro!
Da questi fatti,a mio parere, potrebbe aprirsi dopo la pausa estiva una riflessione che conduca, per dirla con il prof. Alberto Asor Rosa, ad un dibattito e perché no ad una fase conflittuale a partire dai territori fino alla dimensione nazionale.
Anche questo deve fare un partito come il nostro: che ne pensate?
Fortunato, Antonio De Rosa