Un caro amico mi ha chiesto come sia possibile che in un Paese come l’Italia, dopo la tragedia di Genova, sia crollato un altro ponte.
Dalla mia prospettiva, di ultimo degli ingegneri che si occupano della sicurezza di altre grandi infrastrutture (le dighe), le ragioni sono molteplici.
I Colleghi tecnici degli Uffici Comunali, delle Aziende Pubbliche, dei Consorzi, Asl, Province, Regioni, Anas – e chi più ne ha – sono troppo spesso in forte carenza di organico in relazione all’elevato numero di opere da controllare, e talvolta anche prossimi alla pensione. Quando non difetta, addirittura, la previsione o l’istituzione degli Uffici specializzati al controllo della sicurezza. A livello statale sopravvivono Direzioni Tecniche specialistiche, come la Direzione Dighe del MIT a cui mi onoro di appartenere, ma che rappresentano un fiore nel deserto.
Altra causa è che l’attività del tecnico pubblico si è necessariamente spostata dal Manuale di Progettazione e Verifica, al Codice degli Appalti. Seguire il procedimento di affidamento di un lavoro pubblico, finalizzato alla realizzazione o alla manutenzione di una infrastruttura, è un lavoro oramai da giuristi, che assorbe le energie che invece dovrebbero dedicarsi alla ispezione tecnica. Quando possono, gli Uffici deputati alla verifica si affidano alle Università, con ulteriori costi, laddove ottime professionalità interne all’Organo Pubblico avrebbero la competenza per svolgere quei controlli, se non fossero assorbite dalle farraginose procedure amministrative.
Ed ancora, la formazione e l’aggiornamento professionale sono affidati alla premura del singolo. Nel settore Pubblico mancano programmi di specializzazione mirati. La recente riforma inerente i crediti professionali è uno stimolo, ma è troppo lontana dalla capacità di formare buoni specialisti che aveva, ad esempio, il Dipartimento per i (quattro) Servizi Tecnici Nazionali (Dighe, Sismico, Geologico, Idrografico e Mareografico), che una Politica miope e menefreghista ha voluto dissipare e diluire, facendo perdere la loro centralità culturale, quale forte punto di riferimento del mondo tecnico, e l’unità dello scopo di specifico controllo ed aggiornamento conoscitivo che quei rispettivi Servizi avevano.
Infine, ma certo non ultimo, mancano i fondi. Si dovrebbe intervenire per manutenere in via preventiva. Ahimè ci si attiva invece, troppo spesso, quando si è già oltre i limiti del collasso, ma con strutture miracolosamente e per buona sorte ancora in piedi, perché – come diceva un grande Maestro, con avvilita ironia – esse stesse ignorano le leggi costitutive della Materia che le spiegano e le modellano. Ovvero, che crollano, perché è il tecnico di turno, come sembrerebbe avvenuto nel caso, che quelle leggi scientifiche le ignora.
Ed allora, come oggi ci si duole tragicamente della mancanza di operatori sanitari, domani ci si accorgerà che la cura e la forza di una Nazione non possono prescindere dalla professionalità di bravi Tecnici. Da formare e valorizzare. Sperando non sia tardi.
Ing. Gennaro Mosca