Il Vangelo di Domenica scorsa e la strage per fame nel Corno d’Africa

Domenica scorsa, la diciottesima  del tempo ordinario (Anno A ), nelle celebrazioni eucaristiche la Liturgia della Parola ha sollecitato tutti i fedeli alla condivisione. La prima lettura, Isaia ( 55,1-3), riporta un’esortazione a partecipare ai beni della nuova alleanza. L’appello del Profeta è simile a quello degli acquaioli e dei venditori ambulanti di derrate alimentari frequentemente presenti sulle piazze dell’Oriente. Ma il tono dell’invito cambia sensibilmente a causa dell’insistenza che Isaia pone sulla gratuità del cibo e della bevanda offerti. Le acque diventano , così, l’emblema della vita, della libertà, dello Spirito donati dal Signore agli esuli che stanno per ritrovare nel tempio ricostruito di Gerusalemme


la sorgente d’acqua viva. Il vino e il latte sono il segno della fertilità della terra promessa che viene ridata ad Israele dopo l’esilio babilonese. Il pane è il sostegno primario della vita, mentre i cibi succulenti evocano il banchetto messianico cantato dallo stesso Profeta.

 

Il valore simbolico del cibo ha il suo apice nella narrazione della moltiplicazione dei pani, che è il prodigio narrato nel  brano evangelico domenicale. Dietro il racconto concreto del pane offerto alla folla affamata si intravedono allusioni alla manna offerta dal Signore agli Ebrei nel deserto durante la fuga dall’Egitto, al banchetto messianico, alla stessa  celebrazione eucaristica. C’ è un importante dettaglio, nel brano del Vangelo di Domenica scorsa, che ci può aiutare a capire il motivo per il quale i beni della terra, donati gratuitamente dal Signore a TUTTI gli uomini, sono, in realtà, goduti in abbondanza solo da una minoranza degli abitanti del pianeta.  Gesù invitò a condividere quel poco che gli apostoli erano riusciti a raccogliere: cinque pani e due pesci. Il suo prodigio della moltiplicazione, dunque, nasce dalla condivisione, dal mettere in comune. Da cosa nasce, allora, lo sterminio per fame ? Perché 800 milioni di persone soffrono di malattie mortali dovute alla malnutrizione e 20 milioni di bambini muoiono ogni anno per mancanza di cibo? La risposta è quella indicata dal Vangelo: non sappiamo operare il miracolo della condivisione. La nostra terra sarebbe capace di sostenere con l’alimentazione più miliardi di esseri umani di quelli attuali. Certo, c’è la corsa ininterrotta agli armamenti, ci sono governanti irresponsabili che alimentano le lotte fratricide e contribuiscono a mantenere intere popolazioni nella fame, ma i Paesi ricchi non sono esenti dalle loro colpevoli responsabilità. E’ come se noi rappresentassimo quella persona anonima che nel brano evangelico possiede cinque pani e due pesci; solo che, differentemente da lui, non li mettiamo a disposizione di coloro che  vivono nella estrema miseria, ripartendoli fra tutti. Ciò che di terribile sta accadendo in Somalia, il Paese del Corno d’Africa maggiormente colpito dalla grave siccità e dalla conseguente carestia, è da considerare, come giustamente è stato sottolineato da qualche quotidiano nazionale più sensibile a tale devastante crisi umanitaria, una “tragedia invisibile”, perché consumata nella quasi indifferenza generale. E’ stato accertato che almeno due milioni della popolazione somala vagano, come spettri, in cerca di cibo, medicinali e un luogo sicuro lontano dagli scontri tra soldati governativi e ribelli. L’UNICEF, fortunatamente, sta provvedendo alla fornitura di cibo nel Sud della Somalia, garantendo a 8000 persone tre pasti al giorno. La Caritas italiana ha subito messo a disposizione 300.000 euro per i primi interventi e la Presidenza della CEI ha stanziato un milione di euro dai fondi derivanti dall’otto per mille. In diverse omelie, Domenica scorsa, i celebranti hanno rimarcato che la fede in Cristo non vale a niente, se non ci si sente chiamati in causa di fronte a catastrofi simili. Ha dichiarato, a tal proposito, il missionario comboniano Piero Gheddo in una intervista: “Il più povero che vive in Italia è comunque ricco di fronte alle vere carestie…Stiamo assistendo all’apocalisse di un popolo. Facciamo le dovute proporzioni: sarebbe come se in Italia, dove siamo 65 milioni, 25 milioni di abitanti stessero morendo denutriti .Gesù ci ha comandato: “Il vostro superfluo datelo ai poveri”; non era un modo di dire, dobbiamo farlo, e il nostro superfluo è un’enormità. Non ci accontentiamo mai, aspiriamo ad avere sempre di più. Ecco, è dicendo queste cose che si svegliano le coscienze.

Dov’ è Dio in questa tragedia? E’ nelle nostre mani che si aprono per donare. Quel “pane” che diventa, durante la consacrazione, corpo di Gesù,  mangiato ci rende altri Gesù che continua attraverso di noi a moltiplicare i pani che mancano a due terzi degli uomini. Ci fa noi stessi cibo che placa ogni fame di felicità. Ciò è stato espresso anche dai canti intonati, che hanno accompagnato i vari momenti delle celebrazioni eucaristiche.

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