In giro per Casoria tra degrado e meraviglie

Suonano a festa le campane di San Mauro: “uno, due, tre, quattro, cinque, sei”, conta i rintocchi don Mauro Zurro. E, intanto, indica i tanti dipinti di scuola napoletana appesi nelle cappelle laterali della Chiesa barocca di San Mauro Abate (oggi, Basilica Pontificia Minore), in uno dei quartieri più degradati del centro antico di Casoria. “Anni fa, trafugarono la statua di argento di San Mauro (mi dice sia in America un appassionato uomo di storia locale ndr) e l’angelo in marmo sulla fonte battesimale e non li hanno più restituiti. Hanno, poi, rubato dalla Cappella

della Madonna della Palma la reliquia popolare della fantaspina della corona di Gesù e le reliquie di San Tommaso d’Aquino e di San Filippo Neri”. Don Carmine Genovese, pochi giorni fa si è celebrato il primo anniversario della sua morte, è stato l’artefice principale della ristrutturazione del seicentesco complesso monumentale di San Mauro e della bellissima porta in bronzo. Tra degrado e meraviglie, cumuli di macerie e pasticcerie, botteghe artigiane e vicoli bui, campanili e cortili in tufo, incontriamo la vera Casoria. Dal campanile della Chiesa di San Mauro, la vista è a 360 gradi. Di qui si ammirano le cupole: quella settecentesca di Santa Maria delle Grazie; quella della Chiesa del Carmine; quella arabeggiante di San Benedetto; quella moderna di San Giuseppe, quella modernissima di Sant’Antonio Abate; quella di San Paolo; quella delle Sacramentine e quella del Sacro Cuore.

 

Poi, lo sguardo cade sui palazzi fatiscenti ornati da angeli anneriti con le ali rotte, sui fregi in stucco deturpati dalle facciate delle chiese, sui balconi panciuti sul punto di crollare. Da Largo San Mauro, sale ininterrotto il grido dei clacson che fa da colonna sonora alla vita quotidiana di questi vicoli. I raggi del sole filtrano dalla cupola vetrata a forma di croce della Chiesa di San Mauro. Una luce soffice avvolge il crocifisso settecentesco in legno, di autore anonimo, sotto il quale don Carmine Genovese ha riunito tante volte Assessori e Sindaci, nella speranza di entusiasmarli. Sotto lo sguardo addolorato di San Mauro, lasciamo la Chiesa e proseguiamo il nostro giro. In strada, nella curva che divide Piazzetta Santa Croce con Piazza Cirillo, riceviamo la benedizione di una Madonna del Purgatorio, bionda e carnosa come una contadina normanna, ridipinta sul muro dalle sorelle Barra. E così la vedono gli abitanti della zona che, facendosi veloci il segno della croce davanti alla Santa, si domandano perché chi vive nel centro storico non riesce più ad avere le sue strade (quelle antiche) come erano una volta.

E’ un mistero! Se ci sono tutte queste belle cose antiche che dicono, perché non se ne occupano?”, si chiede una giovane madre di tre figli, che si rifugia in casa non appena le chiedo come si chiama. Una ragazza di 24 anni, anche lei senza nome, ci fa entrare in casa sua. Una stanza senza finestra che, alle nove e mezza del mattino, profuma di pulito. “Noi siamo poveri, ma non sudici”. In strada, vico VII Santa Croce, una donna si affaccia dal balcone al primo piano con un secchio in mano. Un secondo dopo l’acqua sporca, con la quale ha appena lavato il pavimento di cucina, si schianta sul marciapiede, terra di nessuno.

Il nostro giro continua. Abbandoniamo la quiete dei vicoli per immergerci nel rumore della strada. Sulla via Santa Croce, ci sono altarini dappertutto. Madonne e Gesù sanguinanti ci benedicono lungo il percorso che conduce a Piazzetta Santa Croce, uno degli ingressi della Città, di epoca normanna come testimonia la colonna in marmo datata 1638, oggi deturpata da insegne al neon e tenuta in piedi da un filo di ferro arrugginito. In via Cavour, ci fermiamo davanti alla Chiesa del Carmine. Un gioiello del XVII secolo, da poco ristrutturato, dove, alcuni fa, si potevano ammirare (prima che li rubassero) quadri tra più belli delle chiese casoriane. Avremmo voluto vedere la cripta sotterranea, quella che in età infantile sbirciavamo dalla strada, a volte con torcia elettrica, nella speranza di vedere le orbite di un teschio, un femore o un mucchietto di ossa giallastra che, da due secoli, giacevano. Erano i resti mortali degli appartenenti alle famiglie nobili dell’epoca che venivano conservati nelle terresante delle chiese.

Tutto è ben conservato, invece, nella Cappella della Madonna del Buon Consiglio, di fianco alla Basilica di San Mauro. E’ il posto più antico di Casoria, tenuto in ordine e da visitare grazie all’Arciconfraternita, il suo Governo, il Priore Giovanni Paone. Un vero gioiello di arte e di storia. La cripta sotterranea è di un livello storico molto alto.

In strada, delle urla che sembrano il lamento del muezzin vi conducono fino al mercato dei tessuti. La folla è fittissima. Bisogna spingere e vale la pena prendere anche qualche gomitata pur di riuscire a vedere. Dalla prima fila, il “teatro” del mercato delle pezze offre uno spettacolo indimenticabile: piramidi di olive bianche e nere, ventagli di origano, sacchi di spezie profumate, torri di peperoncino tritato, ceste di limoni, frutti di mare e pesce sul quale passeggiano beate le vespe. In mezzo a questa gran confusione, si infilano prepotenti, zigzagando tra la gente, motorini nuovi di zecca guidati da adolescenti con lo sguardo annoiato.

“Il problema più grosso è la disoccupazione giovanile. Chi non trova lavoro può finire nel giro dei furti di auto, delle rapine e del traffico di droga. E qui tutto ciò che è illegale viene gestito dalla camorra”, afferma un ragazzo che prima di parlare si accerta che non porto il registratore.

Il vocio del mercato delle pezze ci insegue fino alla trafficatissima via Petrarca, accompagnandoci per via Padula (o delle padule ndc), alla piazza che il Cardinale Luigi Maglione, allora Segretario di Stato, fece dedicare alla memoria del Papa Benedetto XV, il primo Papa (era un ligure!) che lesse, nel 1932, in una affollatissima Piazza San Pietro, all’Angelus, la supplica scritta da Bartolo Longo, e dedicata alla Vergine del Rosario di Pompei, una Basilica tanto cara all’Alto Prelato Casoriano, perché da Lui stesso aperta, inaugurata e benedetta. Proseguiamo per via San Rocco ed i suoi vicoli, la strada dell’Ospedale con la storia di tantissimi medici casoriani, pionieri della medicina di base (ed il mio personalissimo pensiero va a tre grandi figure della sanità di frontiera o “di famiglia”, cioè, i dottori Casolaro, Dama e Formicola); finalmente la chiazza; poi, ci spostiamo e, passando per il vicolo dei monacielli, arriviamo alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie, sulle cui origini gli storici dell’arte non si sono ancora messi d’accordo. Il giro continua con la visita (solo da fuori!!!) al Palazzo della famiglia dei Rocco di Torrepadula; alla Chiesa di San Benedetto, dove esiste la tomba sepolcrale di Jacopo Torello da Fano; alla Chiesa di San Giuseppe, dove il parroco don Arcangelo Caratunti ha trasferito, in attesa della Chiesa che dovrebbero costruirgli su via Calvanese, molte attività della Parrocchia di San Giustino de’ Jacobis, che abbraccia una zona vastissima che va da via Padula, passando per il Parco SIE e via Calvanese fino ai palazzi sorti sulla Circumvallazione Esterna di Napoli.

Si passa davanti alle vetrine delle pasticcerie che espongono pastiere, babà, sfogliatelle ed anche cassate, cannoli e, ultime arrivate, le statuette di zucchero dei Santi di Casoria. Il giro lo si può concludere in uno dei tanti ristoranti o trattorie di Casoria, dove si può mangiare a base di pesce e specialità napoletane.

NANDO TROISE.

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