Il 21 Dicembre hanno fatto scalpore le parole di Cellino dopo Cagliari-Napoli. Il presidente della formazione sarda si è reso protagonista di un clamoroso sfogo che al centro mette la questione stadio: “Nainggolan andrà sicuramente via (è già approdato alla Roma, ndr), a dicembre, nemmeno a gennaio! Non posso trattenere i giocatori in questo contesto. Ci servono i soldi, non può rimanere a Cagliari perchè ha sei o sette offerte. Chi vuole andar via che vada via! A questo stadio la Lega Pro ci va larga… Chi vuole andar via vada, che Nainggolan scegliesse la squadra dove vuole andare, anche se lo pagano di meno rispetto a quanto vale effettivamente. Sarebbe ingiusto trattenere i ragazzi qui”. Il Cagliari ha vissuto un 2013 da nomadi, dopo la complessa vicenda dello stadio ad Is Arenas, c’è stata prima l’emigrazione a Trieste e poi il ritorno al Sant’Elia con capienza ridotta. Possono assistere alle gare interne della squadra di Lopez poco meno di cinquemila spettatori con una curva e il settore Distinti inagibili.
Il calcio fotografa i problemi dell’Italia, è difficile trovare all’estero squadre con i problemi del Cagliari in massima serie. Avete mai visto in Bundesliga, Premier League o Liga delle società non trovare pace su un aspetto essenziale come il proprio stadio?
La vicenda del Cagliari è solo la punta di un iceberg, la questione degli stadi rappresenta un disastro nazionale, dalle potenzialità imprenditoriali non sfruttate in serie A al disastro che coinvolge varie realtà di Lega Pro e le categorie dilettantistiche. Se Cellino ha la fortuna di poter usufruire di una grande risonanza mediatica, naturalmente non possono fare lo stesso le tante vittime della cattiva gestione degli impianti sportivi da parte delle amministrazioni comunali.
Non approfondiamo per il momento la vicenda delle altre discipline, dove sussistono ancora molti esempi di realtà costrette a lottare contro le problematiche più ataviche. Rimaniamo concentrati solo sul calcio che registra le situazioni più drammatiche proprio in Campania, dove la maledizione del campo chiuso rappresenta l’ostacolo più complicato da superare.
In Lega Pro c’è l’Ischia dei sogni imprenditoriali del presidente Carlino ma anche l’Arzanese costretta all’emigrazione costante dalla propria città. La mappa dei campi chiusi presenta un quadro drammatico nella provincia di Napoli. Tante le città che soffrono problemi di questo tipo: Acerra, Afragola, Caivano, Giugliano, Crispano, Frattaminore.
Il “Ianniello” di Frattamaggiore rappresenta un gioiello che non può oscurare i disastri combinati altrove. Naturalmente c’è anche la nostra Casoria tra i comuni capofila nelle liste dI chi è afflitto dalla maledizione del campo chiuso. Il “San Mauro” ha da poco riaperto le porte, chiunque può visitare il museo storico che rappresenta; tanti sono i nostalgici che nelle ultime settimane hanno calpestato il terreno di gioco, sono entrati negli spogliatoi ripensando ai magici tempi della serie C, ripetendo la formazione a memoria e pensando a Lojacono, grande allenatore del Casoria degli anni ’80 e ’90.
Il problema è complesso, di sistema, coinvolge vari aspetti: gli appalti, la mancata cura da parte delle amministrazioni comunali e, dove esistono le squadre di calcio, anche l’incapacità dei presidenti di alzare la voce, di portare all’attenzione dei media certe problematiche. La maledizione del campo chiuso non è solo una tematica sportiva ma riguarda l’economia, la coesione sociale, la necessità dei giovani di avere spazi utili per l’aggregazione e delle associazioni di poter puntare su dei punti di riferimento solidi nei quartieri e nelle città.
L’appello va ai sindaci e alle amministrazioni che devono svegliarsi e considerare come priorità la tutela degli impianti sportivi. Se non lo faranno, tocca a chi investe nello sport alzare la voce, non accettare i compromessi, non rassegnarsi.