Molte mostre di argomento pompeiano sono state organizzate riunendo oggetti provenienti da edifici diversi per ricostruire una casa tipo, di un ceto medio alto. La novità del progetto di questa esposizione è che il suo nucleo centrale è costituito dall’importantissimo complesso di affreschi e sculture scoperti nella Casa del Citarista. Si tratta di una delle più estese abitazioni pompeiane posta in posizione degradante nella regio I (I 4, 25) e lungo i principali assi viari della città.
La casa, scoperta casualmente nel 1853, quando un imponente acquazzone portò alla luce la statua in bronzo di Apollo con cetra, da cui prende il nome, era la residenza dei Popidii, che sin dal III secolo a.C. si era distinta come una delle più prestigiose famiglie di Pompei, a cui appartennero magistrati, evergeti, e da ultimi i liberti che ricostruirono il tempio di Iside dopo il terremoto del 62 d.C. Lo scavo portò al recupero dei grandi quadri figurati e alla scoperta di un notevole arredo scultoreo in bronzo e in marmo rinvenuto nella zona meridionale della casa la quale, con i due peristili e i grandi ambienti di soggiorno, costituiva la parte più antica del complesso con decorazioni dipinte in I (90 a.C.-20 a.C.), II (20 a.C.-25 d.C.) e III stile (25-45 d.C.).
Già nell’aprile 1854 la statua di Apollo si trovava esposta nel Real Museo Borbonico, nel quale due anni dopo, arrivarono gli splendidi quadri con Oreste e Pilade e l’Epifania di Dioniso, scelti entrambi per questa mostra per la loro importanza. La scena del ritrovamento di Arianna a Nasso da parte di Dioniso, nel secondo di essi, è resa con tale padronanza del disegno e della tecnica pittorica da aver fatto pensare all’intervento di artigiani provenienti da Roma. In quello con Oreste e Pilade, che nonostante la mancanza della parte superiore è tra i pezzi più famosi del Museo, si è vista una somiglianza tra il volto di Oreste e quello di Nerone giovane. Altri quadri a soggetto mitologico sono stati inseriti nella scelta perché legati alle iconografie in voga in età augustea, Io, Argo e Hermes, il cui soggetto era presente anche nella casa di Augusto sul Palatino, e quello del Giudizio di Paride, che è tra le più antiche raffigurazioni ad affresco dell’episodio premessa della guerra di Troia. Del lungo fregio con paesaggi architettonici lungo un corso d’acqua è stato scelto il frammento dominato al centro da una costruzione a pianta circolare a più piani, ai lati costruzioni porticate, templi e piccoli monumenti su isolette, che ben rappresenta come il ricco repertorio di immagini di paesaggio fosse utilizzato in infinite diverse soluzioni dai pittori pompeiani.
Dalle alae della casa provengono i busti in bronzo di un uomo e di una donna che ritraggono certamente membri della famiglia, vissuti in momenti diversi, l’uomo in età tardo repubblicana (fine I sec. a.C.), la donna in età claudia (40-55 d.C.), quelli in marmo, di un uomo maturo e quello – notevolissimo – di Marcello, il nipote prediletto di Augusto, entrambi indizio, per l’epoca di esecuzione, della vicinanza della famiglia agli ideali augustei. Dal grande peristilio centrale provengono le decorazioni di fontana tra le quali il gruppo del cinghiale assalito dai cani, il cervo in corsa, il leone in assalto, il serpente ritto sulle spire, tutti in bronzo e tutti perfettamente conservati; gli oscilla circolari e a forma di pelta che pendevano tra le colonne del peristilio.
Per restituire un quadro completo della vita nelle antiche città vesuviane, agli oggetti di uso quotidiano di quella casa, come il braciere in bronzo, i piedi di mobile a forma di piedi umani o di zampe leonine, le statuetta da larario raffiguranti Minerva, l’altarino in marmo e la rarissima statuetta di Genius in terracotta argentata e dipinta, o gli anelli d’oro, sono stati accostati altri oggetti da altri contesti, come
le lucerne – tra le quali molte, sia in bronzo, sia in terracotta, prestate per la prima volta – le ceramiche da tavola, pentole da cucina, vetri da tavola, da dispensa e per toletta.
Come è ben noto le città sepolte all’improvviso nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio hanno restituito un “fermo immagine” della vita che in esse si svolgeva, e attraverso gli oggetti conservati sotto le ceneri e i lapilli, è possibile ricostruire le diverse attività di produzione, commercio, trasporto, svago: dall’agricoltura al commercio, dalla pesca all’allevamento di animali, dalla medicina alla navigazione, al teatro, alla gladiatura. Saranno perciò esposte anche zappe, roncole, falcetti, o bilance e pesi, strumenti da medico, anfore per il vino e per l’olio, elmi e schinieri, e le riproduzioni che gli antichi stessi facevano di maschere teatrali, di gladiatori in combattimento o delle loro armi, su lucerne o su decorazioni di mobili. La presenza di calchi in gesso dei corpi dei pompeiani defunti renderà tangibile il dramma degli ultimi momenti di vita della città.
Gli oltre 100 oggetti inseriti nel progetto, tutti in ottimo stato di conservazione e di primissima qualità sono stati scelti anche con lo scopo di risvegliare la curiosità dei destinatari della mostra al punto di spingerli ad attraversare l’oceano e venire al Museo Archeologico di Napoli per conoscerne i più famosi pezzi esposti.
Conservatore Capo del Museo Archeologico Nazionale di Napoli