Alza la voce, don Maurizio.
Quando il discorso lo prende, non riesce a trattenersi; poi, torna al suo tono pacato e composto.
Siamo a Frattamaggiore, nella chiesa di Sant’Antonio dove, giovedì 3 luglio, Don Maurizio Patriciello ha presentato il suo libro “Non Aspettiamo l’Apocalisse” insieme all’altro autore, l’ex direttore del Corriere del Mezzogiorno Marco Demarco.
Don Maurizio parla senza giri di parole, chiama la morte col suo nome e insiste sulla parola “fetore” che investe i nostri Comuni quasi quotidianamente. Quel fetore che proviene principalmente dalla combustione di rifiuti industriali che non vengono smaltiti in modo legale e riversano nell’aria un alto concentrato di sostanze inquinanti.
Grazie alle letture della parrocchiana Angela Casaburo, ripercorriamo i momenti salienti della lotta di Don Maurizio al fenomeno della terra dei fuochi: dalla presa di coscienza che, l’8 giugno 2012, lo colpì come una vocazione, agli ultimi incontri con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Si parla degli ultimi interventi dello Stato che, purtroppo, non hanno sortito quasi alcun effetto e di proposte che appaiono utopiche: qualcuno ha, infatti, proposto la costruzione di un nuovo termovalorizzatore nell’area di Giugliano, tuttavia è stato calcolato che solo per eliminare le balle di rifiuti già esistenti in quella sola area, il termovalorizzatore dovrebbe funzionare ininterrottamente giorno e notte per vent’anni.
Allarmanti sono anche i dati forniti dal medico frattese Luigi Costanzo: verificando il numero di richieste di 048 (sussidio per malati oncologici) nel quadriennio 2008/2012, ha notato un incremento superiore a tre volte. Ciò indica che il numero di malati di tumore è in aumento, anche se molti scienziati smentiscono tali dati ritenendo che la valutazione sia stata fatta su un dato meramente indicativo.
A conclusione dell’evento, Don Maurizio ha espresso l’auspicio che questa lotta non resti una “moda”, un flusso di idee momentaneo e destinato ad esaurirsi nel tempo, ma che diventi una costante nella vita di ogni cittadino: perché, citando il titolo del suo libro, non bisogna aspettare un’irrimediabile e devastante apocalisse.