Lettera aperta alla madre di Ciro Esposito, una grande lezione di umanità e fede

Signora Antonella,

la scomparsa di suo figlio Ciro, dopo 52 giorni di agonia, ha sconvolto gli animi di tutti, in particolar modo dei padri e delle madri di ragazzi che hanno la stessa età del suo “eroe”. E’ un’esperienza sconvolgente, atroce, assistere per lunghi giorni, fra flebili speranze e cocenti disillusioni, alla morte di un figlio.

 

Mi hanno sempre colpito, però, guardandola e ascoltando le risposte alle domande rivoltele da giornalisti televisivi nei giorni immediatamente successivi al misfatto del grave ferimento, il suo volto composto e sereno, gli occhi rivelanti un animo aperto alla riconciliazione, il tono della voce pacato, le sue parole di speranza, con la richiesta fiduciosa, non rabbiosa e irata, all’Autorità giudiziaria di ottenere giustizia e verità, le stesse che ha sollecitato dopo il transito al cielo di Ciro.

All’arrivo del feretro a Scampia, si è inginocchiata accanto alla bara di suo figlio, l’ha abbracciata piangendo, nell’ultimo desiderio di stringere Ciro a sé, quasi a volergli trasmettere quell’energia vitale che solo l’amore materno è capace di infondere in colui che è sangue del proprio sangue. Mi sono detto, mentre assistevo a questa scena, che avrei dovuto volgere lo sguardo altrove o spegnere la TV e pregare partecipando in modo più consono al dramma che l’ha colpita, perché mi pareva di violare, benché fosse attorniata da migliaia di persone, un “sacro” momento di intimità personale, mancando di rispetto al suo profondo dolore. Il diritto di cronaca, mi creda, talvolta è implacabile e rischia di infrangere i vissuti intensi e profondi di riservatezza da condividere unicamente con gli stretti familiari. Di questo le chiedo sinceramente scusa.

La ringrazio, di cuore, per avere indicato prontamente a tutti, in particolar modo ai tifosi del Napoli, la maniera migliore di far rivivere Ciro, non permettendo che lo stravolgimento del cuore, causatole dall’ inaccettabile sofferenza, la spingesse a chiudersi in se stessa, accasciata in uno stato di prostrazione psicofisico. Ha, così, lanciato un chiaro, forte e significativo messaggio di intenso valore etico e sociale, ancor più credibile e verace perché segnato dal sangue e dai patimenti di un giovane che è morto per difendere i propri amici dalle aggressioni ignominiose: “Sollevate la bandiera dello sport e dell’amore: no alla violenza”, ha gridato alla folla commossa che attorniava il feretro coperto da gagliardetti, bandiere e sciarpe del Napoli. Grazie, signora Antonella, per questa grande lezione di umanità impartita dalla cattedra del dolore. Sta a noi, adesso, accoglierla e agire di conseguenza, incarnando nei nostri comportamenti l’ideale di non violenza evangelica da lei professato e testimoniato in questi giorni bui.

A quale bandiera dello sport e dell’amore lei ha fatto riferimento? Non certo a quella che induce a scatenare risse sugli spalti, a causare atti di soprusi e di prepotenza, a insultare i tifosi delle squadre avversarie, solleticando gli istinti più bassi dell’uomo; dal modo in cui lei ha gestito e vissuto il suo terribile dramma e dalla maniera in cui Ciro ha tentato di opporsi alla violenza cieca e stupida si capisce chiaramente che per lei e per suo figlio qualsiasi evento sportivo deve promuovere relazioni positive appaganti, emozioni di gioia, pur nella sconfitta, dialogo, partecipazione festosa. Sì, ecco la lezione magistrale, Sua e di Ciro: lo sport, fatto di sconfitte e di vittorie, di gioie e di delusioni, di allenamenti faticosi e di traguardi attesi da tempo, può diventare una grande scuola di vita e di amore, se aiuta i ragazzi a realizzare i loro sogni e progetti, stimolando e potenziando il loro senso di responsabilità, di appartenenza, di stare insieme in amicizia, accrescendo il senso di autostima e di identità, nel rispetto dell’identità altrui. Sport, dunque, che offra la possibilità di incontrarsi, di dare il meglio di se stessi, nel superamento degli ostacoli e nell’esercizio dell’aiuto vicendevole.

Sono convinto, signora Antonella, che i tantissimi giovani in lacrime per la morte del loro “eroe” hanno appreso questa lezione di civiltà, comprendendo che Ciro continuerà a vivere in loro ogni volta che nello sport come nella vita essi, come lui, agiranno da “campioni”, nel senso di  arrivare fra i primi nella pratica di umanizzare i rapporti a qualsiasi livello, di gioire delle proprie vittorie senza arroganza e superbia, di imparare a perdere senza considerarsi perdenti, rialzandosi per ricominciare ad impegnarsi con maggiore tenacia per ottenere i risultati sperati. Un ultimo grazie, signora, è per come ha testimoniato la sua fede cristallina e genuina: ha pregato tanto per la guarigione di Ciro, non l’ha ottenuta, accettando la volontà del Padre eterno. Dov’è ora Ciro? Lì, immerso nell’oceano dell’amore infinito di Dio, sospinto dolcemente dal vento dello Spirito, sostenuto dal cuore di Gesù Cristo a cui chiede di essere a lei e ai suoi cari vicino, per aiutarvi ad accettare il doloroso distacco, in attesa di ricongiungervi a lui nei “cieli nuovi e terra nuova.”

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