Continua lo stato di mobilitazione contro la riforma Gelmini, se di riforma possiamo parlare. Ormai, è noto a tutti come la logica imperante del nuovo impianto sia quella dei tagli, con estreme conseguenze sui tempi scolastici e sull’offerta formativa, sull’organizzazione del lavoro, sulla qualità e sulla qualificazione della formazione professionale. Ad essere tagliata, insomma, è la Conoscenza. Altro che qualità e meritocrazia! Con la L.133/2008, a cui ogni assetto pedagogico-didattico risulta distante, gli organici calano vertiginosamente. Si perdono posti di lavoro, si licenziano tanti precari, le classi diventano sovraffollate, i tempi scolastici si riducono e l’offerta formativa s’impoverisce, le immissioni in ruolo diminuiscono. E sullo sfondo di questa riforma, un quadro normativo per niente rassicurante, il D.lgs Brunetta (L. 150/2009) che, con il blocco dei contratti pubblici fino al 2013 e delle progressioni di carriera, ha effetti immediati su salario e su pensioni; il Disegno di Legge Aprea, con un indebolimento degli Organi Collegiali, che nella scuola hanno dato vita a spazi di democrazia, a partire dal 1974, a vantaggio di una logica gestionale di tipo aziendale, che vedrebbe i Consigli di Circolo o di Istituto trasformarsi in Consigli di Amministrazione, le Scuole in Fondazioni, i Dirigenti Scolastici in rappresentanti legali della scuola. Il nuovo disegno di legge presentato dalla Lega, il regionalismo, che dividerebbe ancor più l’Italia in un Nord ed un Sud divaricati.
Con il federalismo vengono trasferiti alle Regioni beni e risorse per il sistema educativo e di formazione da girare alle scuole sulla base di “quote capitarie”, in base al n° degli iscritti ed al “costo medio” per alunno, da parametrare su standard di qualità fissati con metodi aziendali, che misurano il prodotto finale, quasi che gli alunni debbano essere assimilati a prodotti finiti, per effetto di un processo meccanico, e non in base alla qualità della didattica che si fonda sulle competenze e sul livello di partenza del singolo e della scuola, sui contesti in cui si opera, sulle problematiche territoriali di appartenenza. L’Università non se la passa meglio, tra gli accorpamenti degli Atenei, le Fondazioni di diritto privato, i tagli alla ricerca e all’innovazione. E’ chiaro che con questo non si intende difendere alcuna forma di stortura già esistente che va combattuta, negatività quali il baronaggio, il sistema accademico delle parentele, le logiche clientelari piuttosto che il merito, lo spreco di risorse, la dequalificazione professionale. Questi aspetti, però, non vanno migliorati con lo smantellamento del sistema formativo, della filiera della conoscenza, che produce conseguenze tristi sul Paese, di cui Istruzione, Formazione e Ricerca rappresentano il motore dello sviluppo. La Scuola non può naufragare, la Scuola è un bene pubblico che va difeso e qualificato e ciò è possibile quando vi si investe e non quando si taglia. Otto miliardi di euro tagliati nella scuola pubblica, a fronte del sostegno a quella privata. Ridotto dell’1,5% il fondo ordinario all’Università con un aumento corrispettivo delle tasse per gli studenti. Ed ancora, tagli al diritto allo studio nella legge di stabilità per il 2011: riduzione del fondo per le borse di studio del 75% e dei prestiti d’onore per studenti universitari, in possesso di requisiti di merito e di reddito. Queste le questioni ed i motivi che hanno visto in piazza e nelle scuole profonde agitazioni, non solo degli studenti ma di tutto il mondo della scuola. Dopo numerose assemblee ed iniziative degli Atenei, manifestazioni e scioperi, il ddl approvato alla Camera passa al Senato. Con forti preoccupazioni per i contenuti del documento docenti, ricercatori, studenti e personale tecnico-amministrativo non restano a guardare ma fanno sentire le loro proteste, con l’unica arma di cui la Società della Conoscenza dispone, quella dell’Intelligenza.