Il caldo di quest’estate in città affolla il Parco Michelangelo, fa ribollire il cemento di Piazza Cirillo e fa sentire ai cittadini la mancanza della bell’aria di Terranostra, lo spazio verde di via Boccaccio rimasto chiuso dopo sei anni di autogestione, in attesa della progettazione e dei lavori.
Gestire le aree verdi e le ville comunali del territorio è diventato davvero molto difficile, per scarsità di risorse economiche ed umane, talvolta per mera negligenza o inefficienza. Assistiamo in tutta l’area nord di Napoli, e non solo, a degrado, abbandono e difficoltà di varia natura per le amministrazioni comunali.
Il Comune di Casoria non ha in questi anni fatto eccezione, ma la nascita di nuovi parchi urbani, di bandi e regolamenti ad hoc, di esperienze collettive di cura e autogestione degli spazi, potrebbero aprire, con un po’ di ottimismo, a una nuova stagione per il verde pubblico in città.
Un percorso di trasformazione e di ‘apprendimento istituzionale’ è iniziato vari anni fa, sia con spinta dall’alto, nell’ambito del progetto europeo di ‘Urbact’, sia dal basso considerando i dossier e le proposte provenienti dall’esperienza di Terranostra. Il recente incontro “Seminare beni comuni”, organizzato con la collaborazione della Rete dei beni comuni e della facoltà di architettura, ha portato a un ampio confronto sulle forme di uso civico e collettivo dei beni comuni emergenti, alla presenza dell’architetto Napolitano, del Sindaco Bene e di altri rappresentanti dell’amministrazione.
Quanto questa ‘cassetta degli attrezzi’ degli ultimi anni pesi e peserà nelle mani degli amministratori locali, è una misura che ci daranno le imminenti scelte sulla progettazione delle nuove aree verdi e sulla loro futura gestione.
Intanto, è in scadenza il bando di affidamento per le ville comunali, pubblicato il 22 giugno scorso. Tale bando si rifà al regolamento su “affidamento a soggetti pubblici o privati di spazi destinati a verde pubblico e assimilati” del 2017, anche se esiste un regolamento più recente approvato nel giugno del 2020 “sulla collaborazione tra i Cittadini e l’Amministrazione per la cura e rigenerazione dei beni comuni urbani”. Vista la scelta di non richiamarsi al regolamento più aggiornato, è possibile non si facciano rientrare nella categoria “beni comuni” le quattro ville in oggetto del bando (quelle in via Pio XII, via Enrico Toti, via Croce e la villetta padre Miano in via Nazionale delle Puglie), oppure che i nuovi strumenti sulla collaborazione e la cura dei beni comuni non siano ancora rodati e l’amministrazione abbia perseguito scelte di affidamento già note alla prassi.
L’affidamento ai privati delle strutture comunali non ha storicamente prodotto risultati soddisfacenti e duraturi, eppure si attendono nuovi “investitori” che possano, di concerto con associazioni, ridare vita e dignità alle ville comunali. Ci si aggiornerà presto sugli esiti e le proposte progettuali di questo bando per le quattro ville, così come ci sarà da aggiornarsi anche sulle ricadute pratiche del regolamento sui beni comuni, che da un lato attende la nascita di una ‘struttura’, un ufficio pubblico, che possa dare funzionalità ed esecuzione a quanto il regolamento prevede, dall’altro tiene in caldo nuove modifiche, sulle quali è chiamato ufficialmente ad esprimersi il consiglio comunale, a seguito di una petizione popolare per l’inserimento nel regolamento dell’ “uso civico e collettivo”.
Una forma di gestione innovativa, quest’ultima, che ha trovato spazio e ragione di essere già in vari Comuni italiani e che tende a superare i limiti del pubblico e del privato, considerando i beni comuni patrimonio da curare collettivamente, naturalmente trovando i modi formali e le garanzie per far funzionare assemblee aperte, ‘patti di collaborazione’ plurali e altri metodi partecipati che consentano alla società civile di esercitare diritti essenziali e costituzionali e garantiscano la libera e autonoma iniziativa dei cittadini e l’autogoverno delle comunità (citato anche nello Statuto comunale della città di Casoria).
Da un lato, dunque, si registrano le difficoltà della macchina amministrativa e gli sforzi per trovare nuove forme di gestione, dall’altro le continue lamentele e denunce dei cittadini per le condizioni di degrado degli spazi verdi e delle ville: può esistere un “modello Casoria” capace di rispondere alle nuove sfide sull’ambiente e sulla partecipazione?
Angelo Vozzella