Se l’attuale (latente) crisi di amministrazione ha un pregio, esso è dato dal fatto che stavolta anche nella stessa maggioranza ci si comincia a porre qualche domanda circa l’opportunità di proseguire lungo gli impervi sentieri di questa scombinata consiliatura.
E ci si comincia ad interrogare sulla convenienza di affidarci ad amministrazioni come quelle partorite dal Consiglio Comunale eletto nel 2019.
Tanto più che mai come in questi giorni è stato evidente che l’unico magnete per la maggioranza (si fa per dire visto che ne sono solo 11 e forse anche per l’opposizione) è costituito dal desiderio di 14 consiglieri comunali di tenersi stretto il proprio seggio in Consiglio Comunale. A maggior ragione dopo le dimissioni dal notaio di turno che, per ognuno dei suddetti consiglieri comunali, rende oltremodo incerto le prospettive di rielezione. Tutto ciò è un male, affermano due autorevolissimi ex Sindaci ultrasettantenni, sostenendo che, in una situazione come quella che si è venuta a creare, le elezioni dovrebbero essere addirittura “un obbligo”.
Invece ci si avvia ad affrontare tantissimi argomenti importanti per la Città di Casoria in condizioni di eccezionale quanto evidente fragilità.
Per di più, l’attuale “platea politica ed amministrativa” ha nominato diversi membri della Giunta Municipale che “dureranno” chissà fino a quando. Le istituzioni amministrative – mortificate oltre modo dall’andamento nient’affatto lineare della consiliatura – sono allo stato pressoché prive di quella energia che in genere proviene dalla investitura popolare. Ciò che, ad ogni evidenza, da qualche mese si riflette negativamente sulle modalità con cui viene affrontata questa fase pandemica. E anche sui modi con cui si accinge a programmare la destinazione delle risorse in arrivo dall’Europa, dal Parlamento Italiano e dalla Regione Campania.
Per chiarezza va detto che mettere nel conto l’anticipo delle elezioni non significa scivolare per una sorta di automatismo verso la immediata interruzione della consiliatura. Vuol dire piuttosto alzare il livello della scelta che dovrebbe porsi tra una Giunta Municipale di indiscutibile autorevolezza e rappresentatività (ammesso che l’attuale consiglio comunale sia in grado di conferirgli adeguata legittimazione) e la convocazione dei comizi elettorali. Solo l’opzione vera di una brusca interruzione può far leva sul senso di responsabilità dei consiglieri comunali e costringerli a por fine a quei giochi tattici che, a dispetto dell’emergenza da co.vi.d., li sta portando (o li ha già portati) sulle sabbie mobili. Da opzione autentica, dicevamo, non “un’evocazione tattica e senza convinzione”.
Tre consiglieri comunali, Gennaro Fico, eletto nelle fila della Lega, Gennaro Trojano, eletto nella lista di Angela Russo ed Alessandro Puzone, eletto in Forza Italia, hanno sempre esitato di fronte alla prospettiva dell’interruzione anticipata di questa consiliatura.
Ho interpellato diversi soggetti politici di varie estrazioni: da Fratelli d’Italia a Campania Libera, da Potere al Popolo ai Verdi, dal Pd alla Cgil, compreso Cisl ed Ugl facendomi conoscere l’obiezione posta dai più: è concepibile “andare al voto in piena pandemia”? Ma rovesciamo la domanda: come è possibile affrontare tante emergenze di questa Città con un esecutivo così indebolito? Condannando il Paese per i prossimi mesi a “consigli comunali senza respiro”?
Se poi si pensasse di riparare allo strappo venuto alla luce nell’ultimo mese con un rammendo, è difficile pensare che un rattoppo del genere, per quanto ben cucito e magnificato dai cucitori, regga per più di qualche settimana. E saremmo ad altre lacerazioni. A quel punto le elezioni sarebbero inevitabili, ma non più come esito di una scelta meditata e consapevole.
Ormai nella maggioranza nessuno si fida più di nessuno. Non solo Bene e Graziuso, che neppure si parlano. Qualche sinistro scricchiolio si avverte anche nei rapporti tra il Sindaco ed altri suoi alleati. Questa, però, è un’altra storia. Ve la racconteremo.
Ferdinando Troise