Da lugubri inferni giunsero i superstiti alle loro dimore,
la parola gravava sulle labbra, l’angoscia sul cuore.
In occhi vitrei e sgomenti , sbarrati su scene tragiche,
un mosaico atroce vibrava di ombre malefiche.
Il braccio marchiato del sigillo indelebile
il crudo segno mostrava della follia orribile:
branchi di corpi nudi e ossuti tra flebili lamenti
al mattatoio condotti come sfiniti armenti.
Oh, alitarono i camini nei funesti recinti
spire di fumo nere, acri e graveolenti!
Da sferzanti folate di vento gelido
dispersi furono sogni, affetti e sentimenti
nel cupo cielo indifferente e livido.
Ricordare quel nefando genocidio
non è vuoto esercizio di memoria,
ma onorare i derelitti di una tragica storia
d’ infanzia deturpata, donne seviziate
e carni orrendamente abbrutite e straziate.
Rimembrar si deve con l’animo e la mente
perché mai più sprofondi la coscienza
negli abissi dell’umana decadenza,
del banale male e immane sofferenza.
Per lo sciagurato oblio il seme
marcito di quegli abietti oltraggi
germoglia nei veleni della devastazione,
come ieri, anche oggi!
Ma nel silenzio orante pur s’ode il dirotto pianto
di chi su zolle colme di membra incenerite
copiose lacrime versa d’umana pietà,
restituendo a bimbi strappati alle madri,
spose sottratte ai mariti, giovani ai padri
il rispetto imperituro della sacra dignità.
Rinasceranno ancora dai solchi di un’orrida storia
virgulti di pace, giustizia e fraterna solidarietà
d’ogni stirpe amando la diversa ricchezza e identità.
Antonio Botta (Premio Speciale alla terza edizione del concorso letterario dedicato a Primo Levi – Cosenza, 24 /11/2018)