Il Centro destra continua a “sferzare” Carfora sulla questione delle nomine dirigenziali. Non entrando nel merito del problema sollevato dall’opposizione, è opportuno una riflessione pacata sulla distinzione introdotta nel sistema amministrativo tra politici che indirizzano e controllano da un lato e dirigenti e funzionari che gestiscono, dall’altro. E’ chiaro che tale separazione investe la dirigenza amministrativa di una responsabilità non indifferente, in quanto ai funzionari dirigenziali è affidato il gravoso compito di una corretta ed efficiente prassi amministrativa. Da ciò l’esigenza di affidare gli incarichi dirigenziali a persone di comprovata esperienza maturata sul “campo”, dotate di sicure competenze professionali. Non solo: in un’ottica di trasparenza, è necessario che i dirigenti svolgano il proprio ruolo in assoluta autonomia. Mi chiedo se ciò risulti possibile, essendo essi, di
fatto, oggettivamente condizionati, nell’espletamento delle loro funzioni, da chi ha voce in capitolo sulla decisione del loro accesso alla dirigenza, sullo stipendio, sulla valutazione dei risultati e sulla loro permanenza nell’incarico. E’ forse campato in aria il dubbio che, in qualche modo, siano indotti ad accomodamenti vari e a compromessi, per il mantenimento dell’agognato incarico attribuito loro dai politici?
Per questo, ciò che dispone la legislazione circa la distinzione su accennata tra politico e dirigente è giusta, perché se quest’ultimo non è autonomo diventa subalterno rispetto al politico di turno, con la conseguenza di un condizionamento che inficerebbe lo svolgimento delle mansioni connesse all’incarico da esercitare. Di fatto, però, è proprio questo il rischio: il politico influenza, da dietro le quinte, la gestione amministrativa , rimanendo, peraltro, coperto dalla responsabilità altrui. Quali gli effetti è presto detto: la scarsa autonomia dei dirigenti li rende deboli, determinando un legame tra cattiva politica e scorretta amministrazione. Se il dirigente diventa il portaordini del politico, il fine della normativa vigente circa la separazione tra politica e amministrazione fallisce: il politico ordina e il dirigente esegue, assumendosi anche le responsabilità delle decisioni. Perciò, da quanto fin qui illustrato, i politici sono molto interessati ad assumere dirigenti “malleabili” ed è appunto questo che accade nei Palazzi dove si amministra la “cosa pubblica”. In sostanza, si assiste ad uno scambio tra fedeltà da un lato e status e livello retributivo, dall’altro.
E allora? Non spetta a me fornire un giudizio sulle doti professionali e sulle competenze dei dirigenti assunti dal Comune di Casoria: mi preme solo rimarcare che la sinergia tra politico e dirigente va esercitata non al ribasso, ossia indirizzata all’uso clientelare del potere politico, ma al rialzo, mirata, cioè, all’efficienza e all’efficacia della buona e corretta amministrazione. E’ su questo che occorre aprire gli occhi, vigilando attentamente sul modo di governare dell’amministrazione Carfora. Essa è chiamata ad una impegnativa responsabilità politica, posta tra l’esigenza di non far pagare la persistente crisi alle fasce deboli della popolazione con l’eliminazione dei già pochi servizi e l’altrettanto necessario vincolo di far quadrare il bilancio.