Egregio direttore, ieri mentre ero a tavola, con la mia famigliola all’ora di pranzo, ho seguito con profonda partecipazione, per tutta la durata, il commosso addio del povero Marco Simoncelli. E’ inutile dirvi che la commozione è stata grandissima e le lacrime che inevitabilmente cadevano sui nostri visi hanno fatto da contorno non certo allegro al semplice pranzo che cercavamo di consumare tra un boccone ed un sorso d’acqua per mandar giù il groppo che inevitabilmente si formava in gola. Vedere li il padre, la sorella e la fidanzata oltre a tanti altri parenti ed amici era un qualcosa che ti spaccava il cuore. La rabbia del come e del perché un giovane di 23 anni, bello, solare gioioso, allegro pieno di vita e con tanti progetti era tanta e non trovava nessuna giustificazione o motivo di riscontro del perché avvengono questi fatti così gravi. Veder li la fidanzatina che lo seguiva ovunque con quel suo sguardo nel vuoto, cercando magari di svegliarsi da un brutto sogno e resettare il tutto dalla mente, magari fosse stato solo un sogno, ma la realtà purtroppo era li davanti a lei, inequivocabile, e quasi sempre, come in questo caso, è più crudele di quanto si possa pensare e l’ha provata sulla propria pelle la giovane Kate che già pregustava magari nella sua mente, ma soprattutto nel suo cuore, insieme al suo Marco, il Suo ragazzo perfetto, una vita piena di successi, una famiglia felice con tanti bambini e
soprattutto tanta ma tanta serenità. E che dire del povero papà Paolo che l’ho ha accompagnato fin dalle fasce nella sua crescita prima fisica e poi professionale senza mai lasciarlo solo e che vedeva in lui un ragazzo che faceva della sua professione, con immensa passione, un ragione di vita. La sorellina Martina, identica a lui, che stava li magari senza rendersi ancora conto di quanto fosse successo e che invece dovrà non solo far ricorso a tutte le sue forze per superare, o almeno cercare di farlo perché sicuramente non sarà facile, questo momento triste e doloroso, ma dovrà avere soprattutto una grande forza d’animo per essere capace, e sono sicuro che ce la farà, di assistere in modo continuo e costante il papà che è sicuramente quello che più di tutti ha subito gli effetti devastanti di quest’ improvviso ed incredibile dramma. Un capitolo a parte merita la mamma Rossella, che ha vissuto in diretta televisiva lo strazio immane che può provocare la perdita di un figlio. La mamma come spesso si dice, ed è le verità, è la mamma e non c’è al mondo dolore che sia più terribile di quello di una mamma che vede morire il proprio figlio, indipendentemente dall’età, è come un qualcosa di inconcepibile, inumano, contro natura e che lascia nel cuore di ogni mamma una ferita che mai e poi mai si rimarginerà. C’erano oltre a loro, tanti parenti, amici, colleghi ma c’era soprattutto la gente comune che ha voluto manifestare la vicinanza alla famiglia immedesimandosi, nei limiti della comprensione umana, in modo silente e rispettoso nel dolore della famiglia Simoncelli, condividendo totalmente l’atroce dolore che ha sconvolto l’Italia intera, sportiva e non. Molto significative le parole del Vescovo che ha officiato la S. Messa, Sua Eminenza Francesco Lambiasi, il quale rimarcando con estrema dolcezza le ultime parole del povero Marco quando la sera prima dell’ultima gara aveva manifestato il desiderio di vincere il Gran Premio, perchè lì sul podio avrebbero visto meglio tutti noi lo stesso ha detto: A noi ora addolora non riuscire a vederti, ma ci dà pace e tanta gioia la speranza di saperci inquadrati da te dal podio più alto che ci sia». E proprio in questi frangenti che a volte si capisce quanti rischi che diversi sportivi in particolari discipline corrono per raggiungere la strada del successo e ci chiediamo ma ne vale la pena? Purtroppo nella vita nessuno ti regala niente ed il povero Marco c’e la stava mettendo tutta pur di veder coronati i suoi sogni da bambino. Sogni che si sono infranti invece in modo definitivo su quella maledetta pista domenica mattina stroncando non solo una carriera sicuramente fantastica da grande campione, ma anche la vita di un ragazzo semplice e tranquillo. Ora non può far altro che guardare da lassù le sue amate corse e magari alleviare il dolore di quanti, e ne sono veramente tanti, l’hanno veramente voluto bene. Ciao Marco 58, anzi ciao SuperSic!!!
Antonio Orecchio
Casoria- NA –