Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle
io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
L’uomo ha tendenza a farsi condurre dai mercenari, viviamo per qualcuno al quale pagare un prezzo per farsi pascolare, siamo sotto padrone. Non crediamo alla gratuità di Dio, aprirsi al buon pastore è denunciare le proprie relazioni, capire che le nostre relazioni sono false, spesso legate a “convenienze” momentanee, a interessi personali. Relazionarsi agli altri in modo autentico significa perdersi per l’altro. Cosa pensi e cosa dici a chi è disposto a perdere la vita per te e lo fa realmente. Se faccio solo quello che mi conviene, io non amo, io non so vivere, sono un mercenario, uno che al momento opportuno scapperà di fronte al pericolo. “Non sono fatti miei”… “ Io mi faccio i fatti miei” … “Se mi conviene lo faccio” … “A me cosa viene se faccio questo?” “io quello non lo posso vedere” . Su queste frasi spesso costruiamo le nostre relazioni, i nostri matrimoni, le nostre amicizie. Questo è il ragionamento del mercenario. Questo Vangelo deve metterci in condizione di fare autocritica, di comprendere che in fondo l’egoismo, l’invidia, la superbia guidano i nostri gesti e la nostra vita, spessissimo scarichiamo sugli altri le nostre frustrazioni, i nostri sensi di colpa. Caino uccide il fratello minore per invidia e al grido di Dio : “Dov’è Abele, tuo fratello?”, Caino risponde: “Sono forse io il custode (traduzione esatta pastore) di mio Fratello? E’ la risposta di un assassino, è la nostra risposta di ogni giorno, quando non ci facciamo pastori dei nostri figli, dei nostri parenti, dei nostri amici, di mariti, di mogli e di quanti condividono con noi questa meravigliosa esperienza terrena. Il buon Pastore tiene unito il gregge, non mette mai gli uni contro gli altri come fa il lupo. Buona Domenica.
Genoveffa Tuccillo