EXUPERY: “TU SARAI PER ME UNICO AL MONDO”
Antonio Botta
Alessandra Paone é una studentessa che frequenta il terzo anno della scuola secondaria di I grado presso l’I. C. 1° Ludovico da Casoria. Ha voluto lanciare il suo appello contro il bullismo con un racconto, la cui originalità consiste, a mio avviso, nell’essere stata capace, avvalendosi delle discussioni in classe e di letture sul fenomeno – purtroppo sempre più diffuso tra i teenagers – di delineare con efficacia la psicologia del bullo, ponendo in rilievo che anch’egli è vittima di se stesso, delle sue insicurezze , nascondendole con atteggiamenti sprezzanti e prevaricatori. Bravissima, quindi, nella capacità di immedesimarsi nel classico bullo, di penetrare nel suo mondo interiore, per coglierne i pensieri, le emozioni, i vissuti e di descriverli con efficacia, usando,consapevole o meno, la tecnica del “monologo interiore”. Un valido contributo, quello di Alessandra, alla necessaria opera di sensibilizzazione dei suoi coetanei sulla gravità del bullismo. Questa studentessa casoriana è riuscita, mediante un testo narrativo, pervaso di crudo realismo, a porre il “dito sulla piaga”, indicando gli elementi che possono indurre i ragazzi ad assumere atteggiamenti violenti e sprezzanti: il primo è la frantumazione dei legami familiari, sempre più evidente. Poi viene la presenza di un gruppo che, all’occorrenza, può trasformarsi in branco, esigendo anche prove di forza. È per questa strada che si arriva al terzo passaggio: il territorio esterno si sostituisce allo spazio domestico, si vive sempre e soltanto “fuori”, in tutti i sensi, perché i rapporti familiari creano disagio e sofferenza. Un altro elemento su cui la giovanissima autrice stimola la nostra riflessione è l’enorme difficoltà dei ragazzi di riuscire a prevedere le conseguenze dei propri atti. Roby, il protagonista, infatti, si rende conto della gravità dei suoi atteggiamenti, quando ormai è troppo tardi, solo dopo che è accaduta la tragedia. “Volevo solo divertirmi” si giustificano di solito i bulli, o, come ammette Roby , ci si sente importanti, potenti nell’umiliare gli altri. La causa si capisce: si diventa anche bulli per una compensazione al fatto di non essere riconosciuti in famiglia come persone, di sentirsi “invisibili” nella propria casa. E’ questo un punto importante, messo in luce da Alessandra nel suo racconto: il mancato ruolo degli adulti, delle famiglie. Si impiega spesso il proprio tempo per correre dietro a ciò che si ritiene “urgente”, trascurando quello che veramente conta ed é importante: l’attenzione, cioè, nei nuclei familiari, alla qualità dei legami, ai rapporti umani positivi.
“La famiglia” ha scritto Papa Francesco “ha bisogno di essere un luogo di vita e non di morte; il territorio della cura e non della malattia; lo scenario del perdono e non della colpa. Il perdono porta gioia dove il dolore produce tristezza, in cui il dolore ha causato la malattia.” Chi, dunque, fa esperienze relazionali positive nei contesti familiari, sarà più capace di rendere familiare l’estraneo. E, all’opposto, chi vive esperienze familiari negative, come Roby, porterà divisione e frammentazione nelle relazioni sociali. Complimenti, allora, alla giovanissima scrittrice Alessandra Paone, per averci ricordato, con il suo racconto, ciò che aveva rimarcato lo scrittore francese S. Exupery nel capolavoro “Il Piccolo Principe”: “Certo”,disse la volpe,al Piccolo Principe, “tu, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me.. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo e io sarò per te unica al mondo”. Rendere, allora, familiare l’estraneo, “addomesticarlo”, permette così di scoprire i vari “Mark”, di riconoscerli nella loro unicità, di rispettarne le peculiarità fisiche e caratteriali, di averne cura, di amarli così come sono, di farli sentire unici e importanti. A questo compito è chiamata la famiglia, perché l’uomo può amare se è stato amato per quello che é. E’ l’augurio di inizio anno che si può formulare a tutte le famiglie della nostra comunità cittadina.
LE PAROLE CHE UCCIDONO
“Cosa posso farci , sono fatto così e ne sono molto pentito. Mi scuso tanto , il punto è che era più forte di me . Per me la scuola era uno sfogo , un vero e proprio sfogo . Lì , all’ ultimo banco , in fondo alla classe , era seduto Mark . Lui era molto riservato , chiuso , faceva pietà a tutti . Non aveva mai parlato con nessuno , era un essere inferiore , così lo consideravo , inutile . Forse sbagliavo a pensarlo , ma era così ! Era innocuo , piccolo , fragile , non era neanche molto bravo a scuola . Era magnifico essere definito “il più forte”, “il più potente”: un’ emozione unica essere chiamato BOSS , era bellissimo . Mark non aveva mai reagito , qualche volta urlava , strillava, ma pativa , pativa molto . Era un ragazzo paziente e questo ci piaceva , sì proprio così : piaceva al branco . Che soddisfazione quella di non comprare la merenda , perché c’era lui , pronto a porgermela muto , senza fiatare ! Era l’unico modo per sentirmi superiore , per star bene . A casa non filava tutto liscio , mia madre e mio padre litigavano sempre; allora, perché non liberarsi interiormente e scacciare via la rabbia? Tanto, quello non era altro che un essere inutile . Andavo a scuola aspettando il branco , mi serviva solo come copertura, l’ amicizia non era mai esistita, ma, in fondo, per nulla ne avrei sentito il bisogno , non mi rendeva un ” re stimato ” come quello che ero già . Sì , c’era qualcuno che non era molto d’accordo con quello che facevo , ma tanto era lì, seduto a guardare Mark sottomesso alla mia potenza . Tutti mi temevano , tutti i più deboli , quelle “formichine” che avrebbero fatto di tutto per me , per il timore che nutrivano nei miei confronti . Ma , ormai , avevo scelto Mark . Adoravo spaventarlo , piangeva e mi stizzava , bastava uno schiaffetto e ammutoliva . Era una sensazione unica , provavo una sete di potenza e Mark era il giocattolino perfetto da sfruttare . Un giorno , precisamente il 20 Aprile 2016 , entrai a scuola con il mio sorriso , nascondeva tanto, ma riuscivo ad essere minimamente felice grazie alla mia popolarità e la ciliegina sulla torta era Mark , quell’ insettino senza senso . Entrai in classe e lui era seduto lì , muto ,tremante , ero sicuro che non fosse il freddo, perciò mi sentivo superiore anche a quest’ ultimo . Mi avvicinai , sparai una delle mie battute derisorie in merito all’ altezza dell’ esserino e tutti cominciarono , così , a ridere tanto ed io,divertito, mi pavoneggiavo felice . Tornai al mio posto dopo aver minacciato Mark per la “questione merenda”, tanto sapevo che quest’ultima avrebbe fatto pena , quindi l’avrebbe pagata con me fuori scuola . Finì l’ora d’Italiano , la professoressa uscì , mi voltai per fare altre due risate , a questo serviva quel “coso inutile” di Mark , per me era davvero tale! Voltandomi , però , lui non c’era , quel posto lì dietro era vuoto . Andai in panico , in fondo come avrei fatto una giornata senza essere considerato , lui mi serviva , ne avevo bisogno . Ad un certo punto , udii la voce di un mio compagno appartenente anch’ egli al branco , che si rivolgeva a me dicendo :
-Roby , Roby girati , guarda ! Tra i prof. sta succedendo il caos , a causa di quella seccatura di Mark , non merita neanche di essere chiamato per nome .
Sapevo che aveva pronunciato quelle parole sprezzanti nei confronti di Mark unicamente per essere considerato da me come potente ed avrebbe voluto essere elogiato , ma non mi interessava. In quel momento , un solo pensiero occupava la mia mente: dove si sarebbe potuto trovare Mark , non ci potevo credere , non era riuscito nemmeno a stare fermo sei ore seduto su quella sedia . Che cattivo , mi aveva lasciato solo , non lo sopportavo . All’ improvviso , entrò in classe Mona che , poco prima , aveva chiesto il permesso di andare in bagno . Era incredibile , stava piangendo . Le chiesi il motivo in maniera perentoria, ma volutamente distaccata, per non darle la sensazione di dipendere dalle sue labbra; mi rispose immediatamente: Mark era andato in bagno , quell’ insettino stupido e piccolo era entrato lì per altro . Aveva deciso di fuggire dalla scuola , pensai, e mi arrabbiai . Come aveva osato? Era scappato, piuttosto che servire me! Poteva rendere felice almeno una persona , ma non serviva neanche a quello! Suonata l’ ultima campanella , corsi subito a cercarlo a casa sua , non mi aprì nessuno , non era da nessuna parte .
Allora , tornai a casa nel caos e nel clima ostile e di incomprensione che c’ era tra i miei .Per placare l’ ira che nutrivo , accesi la TV . Al telegionale comparve la faccia del “coso” , di quella persona che mi serviva per giocare . Non ci potevo credere , lui non c’era più . Intorno a me incominciai a sentire voci strane , incominciai a sudare , gli occhi mi bruciavano , il cuore mi batteva all’impazzata. Ma perché tutto questo? Non ero stato mica io ad ucciderlo! Invece sì . Poche settimane dopo , i professori mi parlarono di tutti , non sapendo che la causa fossi io . Mi dissero che si era trattato di un caso di bullismo . Eppure io non ero mai stato un bullo , mi divertivo, tutto qui! Ma dove terminava la mia felicità , c’era uno sguardo di pietra che nascondeva tanta , ma tanta sofferenza . Provai molte emozioni , Mark si era suicidato ed io ero la causa . Quel coso inutile era uno di noi , una persona come me o forse , anzi, sicuramente migliore . Tuttora non capisco cosa mi fosse passato per la testa , eppure non me ne rendevo neanche conto .
So che ora è troppo tardi per Mark , ma non per altri ragazzi\e vittime di bullismo . Perciò , sono qui a lanciare un appello a tutti quelli che , come me , credono di fare i fichi uccidendo interiormente chi è succube dei bulli e , se non si interrompe prima il rapporto carnefice – vittima , si ammazza nel vero senso letterario colui che è preso di mira, inducendolo a togliersi la vita: poveri ragazzi\e che per timore non reagiscono e non ne parlano con nessuno . Allora , io mi scuso di tutto questo e confesso di essere stato io ad uccidere Mark , lo ammetto .Ora ho capito la gravità del male commesso e mi sono liberato della falsa immagine che avevo creato di me stesso. Pochi giorni fa , i miei hanno divorziato , ora sono con mia mamma, sereno , senza più provare un senso profondo di insoddisfazione . Purtroppo, ho capito il male commesso dopo aver distrutto per sempre il futuro di un ragazzo come me, un amico che aveva bisogno di parole e di gesti di affetto, non di soprusi, non di espressioni dure ed offensive, non di “sfottò” lanciati come macigni contro il suo cuore. Adesso io sono felice , lui no , lui non puo’ più. E la gente , la gente che mi è stata dietro, mi chiedo , perché non mi ha mai fermato. Ho capito ora, solo ora che non può essere considerato uno scherzo umiliare gli altri,non ci si può sentire importanti, potenti, facendo credere a un tuo coetaneo di essere un “verme” . Per questo , vi prego, diamo fine a tutto questo! L’unica cosa che é rimasta in questo “gioco al massacro” è l’immagine della povera vittima , quella mi accompagnerà,ci accompagnerà sempre. Proprio per questo io urlo: “DICIAMO: STOP AL BULLISMO !”
ALESSANDRA PAONE