(dalla nostra inviata alla Camera dei Deputati)
ROMA- Durante questi giorni di vacanza Silvio Berlusconi avrà avuto poco tempo per rilassarsi. Sono tanti, infatti, i nodi che deve sciogliere per evitare che si ritorni alle urne: dalla decisione della Consulta sul legittimo impedimento, alla mozione di sfiducia contro Sandro Bondi; dalla ratifica dell’accordo tra Italia e Brasile, al delicato tema del ’milleproroghe’ che rischia di far riesplodere i malumori verso il rigorismo di Giulio Tremonti.
Ma il premier individua nel federalismo fiscale lo scoglio vero, quello da superare per scongiurare il voto anticipato: approvati i decreti attuativi, ripete da giorni il Cavaliere ai piu’ stretti consiglieri, lo spettro delle urne sara’ archiviato almeno fino all’anno prossimo. Per il prosieguo della legislatura, ovviamente, saranno indispensabili i numeri a Montecitorio. Perche’, come ripete Berlusconi da settimane, il logoramento non e’ nel novero delle ipotesi e piuttosto che galleggiare e’ meglio andare dritti alle urne.
Il premier e’ convinto di avere i numeri per formare quel gruppo di responsabilita’ nazionale che potra’ sostituire i finiani e formare quella “terza gamba” indispensabile alla maggioranza. “Faremo le riforme, mentre l’opposizione sogna improbabili ammucchiate”, dice Paolo Bonaiuti. Molti parlamentari, e’ opinione di Berlusconi, sono ormai consapevoli che un ritorno alle urne andrebbe contro gli interessi del Paese e gli elettori li punirebbero. Le attenzioni dei ‘negoziatori’ (Denis Verdini in testa) sono puntate soprattutto sui deputati di Mpa (cinque voti) e sui singoli del gruppo misto (oltre che su alcuni nomi nell’Idv e persino nel Pd). Una decina, nella migliore delle ipotesi 11 o 12. Le speranze di strappare finiani e centristi, sembrano ridotte al lumicino. “Se andra’ bene ne convinceremo un paio, ma al Senato non alla Camera”, spiega un parlamentare del Pdl bene informato sulle trattative.
E’ comunque evidente il tentativo del Cavaliere di evitare ad ogni costo il voto anticipato. Oltre ai sondaggi, che gli consigliano prudenza, vede inquietanti segnali anche fra gli elettori di centrodestra. Come conferma, ai suoi occhi, la querelle fra ‘Giornale’ e ‘Libero’ che dimostra plasticamente il disorientamento all’interno dell’elettorato berlusconiano. Segnali preoccupanti che lo spingono a cercare di restare in sella, per guadagnare il tempo necessario a rilanciare il partito (magari cambiando nome e vertici, come suggerisce qualcuno) e la coalizione.
Il problema e’ che, come hanno fatto capire chiaramente sia i centristi che i ‘futuristi’, ogni parlamentare strappato a Casini e Fini rischia di far naufragare il dialogo avviato con il Terzo Polo. Difficile che l’appello rilanciato da Sandro Bondi per riforme condivise sia accolto in caso di esodo di deputati. Cosi’ come il dialogo avviato dalla Lega per evitare roblemi sul federalismo (che, in commissione bicamerale, e’ appeso a un filo visto che il voto di Mario Baldassarri di Fli ischia di essere decisivo) potrebbe naufragare se il corteggiamento del Pdl sortisse i suoi effetti.
Roberto Calderoli, infatti, ha teso la mano sia a centristi che finiani: i primi dicendo che si puo’ fare di piu’ sul fronte delle famiglie secondi aprendo all’ipotesi di modifiche sulla cedolare secca.
E se il Pdl puo’ gioire per la risposta di Lorenzo Cesa alla richiesta di chiarezza di Massimo D’Alema (“l’Udc resta equidistante”), non sono altrettanto rasserenanti gli ammonimenti del segretario centrista sul federalismo: “Le chiacchiere non servono, vogliamo vedere i fatti”.