Intervista ad Antonio Mantelli, voce dello storico ‘Bar Romeo’.
Sono giorni difficili, siamo ormai al 3 maggio, la fase 2 è più vicina che mai e molti, come giusto che sia, sono euforici per una ripresa graduale di ciò che ci è stato tolto per 2 mesi, la libertà. D’altronde, è altrettanto vero, che i mondi dell’economia, degli affari, della finanza si stanno impattando con dei meteoriti più grandi di quanto si pensi, con le conseguenze della crisi da coronavirus. Ma in termini pratici, senza usare retorica, chi è che sta risentendo e che risentirà, per un periodo di tempo che ancora non è noto, di questa crisi? Tutte le attività imprenditoriali. Casoria è una città nella quale, le piccole imprese sono il cuore, il cervello e la spina dorsale, e proprio queste rischiano di non riveder più la luce del giorno.
Abbiamo intervistato un lavoratore, un uomo che ha una famiglia, che ha due figli a cui vuole garantire un futuro dignitoso, An tonio Mantelli, emblema dello storico Bar Romeo in Via Manzoni. Le sue parole devono essere fonte di riflessioni per tutti, in particolare per la politica che ha l’OBBLIGO di salvare tutte le attività colpite duramente dal virus, ha il DOVERE di permettere a tutte le attività commerciali di far rialzare le serrande e consentire di ricostruire un futuro dalle proprie ceneri.
1) Come imprenditore di una piccola impresa, come sta vivendo la crisi da covid- 19?
Rappresento la mia famiglia, da molti lustri proprietaria dello storico ‘Bar Romeo’. Posso dire sostanzialmente di sentirmi in gravi difficoltà sia sul piano psicologico, che economico. Come un fulmine a ciel sereno, sono stato costretto ad affrontare una situazione buia senza sapere quando si sarebbe potuto ripartire. Investimenti fatti di materie prime come uova e farina, ma anche di beni secondari come uova di cioccolato e confezioni per colombe. Tutto è andato in fumo, parte del capitale è andato perso. Sul piano sociale, l’impatto è stato inimmaginabile, dal lavorare tutto il giorno, al dover stare chiuso in casa, come in una gabbia, è stato difficilissimo, ma la paura più grande mi ha rincorso quando ho pensato al futuro; ad un futuro incerto, in cui nessuno mi avrebbe garantito di poter dare un futuro dignitoso ai miei due figli. Sono una di quelle persone che mette al primo posto la famiglia e pensa al domani, quindi sono riuscito ad oggi a comprare i viveri e quindi, ad autosostentarci. Ma fino a quando le mie risorse potranno garantirmi un bene che dovrebbe essere naturale, la vita? Anche io ho spese fisse, tra l’affitto dell’appartamento e le utenze a dir poco elevate e, per non parlare delle utenze del bar arrivate come al solito in perfetto orario.
Intende riaprire la sua attività nelle condizioni sottoscritte nell’ordinanza della regione Campania?
No. Non intendo riaprire la mia attività adesso con queste condizioni dettate dalla Regione Campania, poiché non sono né congrue né compatibili con la modalità del mio lavoro. Io non posso riaprire affrontando spese enormi e ricavandone nemmeno il 20%, in termini pratici, io non guadagnerei nemmeno 1 euro, anzi, tutt’altro. La nuova normativa vigente non mi consente nessuna delle modalità del mio modus operandi. Una pasticceria non può rimanere chiusa la domenica che è storicamente il giorno in cui le famiglie comprano i dolci. Non posso aprire una pasticceria che basa il suo lavoro su persone passanti nella zona di Via Manzoni per comprare cornetti, pizzette, graffe…e sapere che a queste non potrò vendere prodotti da asporto, appena al di fuori della mia struttura. Non posso riaprire e restare da solo nel bar poiché ho bisogno almeno dell’ausilio di un’altra persona. Non posso riaprire poiché il ‘’delivery’’ rientra solo a circa il 20% della mole del mio lavoro e non reggerei le spese. È impensabile chiudere alle 14, orario in cui le persone potrebbero consumare caffe o altri tipi di prodotti del mio bar.
Trova che ci siano delle disparità tra le attività commerciali?
Ad una domanda non si risponderebbe con un’altra, ma partirei con un interrogativo legittimo, che differenza passa tra un cornetto ed un pezzo di pane, io non posso far entrare un cliente, il forno ne può avere 20 in fila fuori. Che differenza c’è tra me ed il salumiere? Io non posso fari entrare nessuno e lui due alla volta, che differenza c’è tra me ed il pescivendolo? Io la domenica chiuso e lui no. Perché io devo indossare sovra scarpe, camice monouso, oltre ovviamente a mascherine e guanti mentre il resto delle altre attività usano solo mascherine e guanti?
Se avesse la possibilità di lanciare un appello al Governatore Vincenzo De Luca, cosa chiederebbe?
Innanzitutto, lo ringrazierei per il lavoro di prevenzione e di contenimento che ha svolto nella nostra regione. Gli chiederei, tuttavia, di rivedere alcuni punti dell’ultima ordinanza che riguarda per l’appunto la riapertura dei bar e delle pasticcerie e le dovute modalità, affinché ci sia più flessibilità, ma sempre nel rispetto totale di tutte le misure di sicurezza necessarie per garantire la salute pubblica.
Parole toccanti, destinate ad arrivare ai cuori e alle menti di tutti. La politica deve intervenire al più presto, ora è il momento di fare scelte di coraggio. La politica ha il dovere di porsi come obbiettivo primario quello di garantire a tutti i lavoratori di riaprire le loro attività. Non è il tempo delle ipocrisie.
Francesco D’Anna