‘RACCONTartI’ di Emilia Sensale. Opera di Vittoria De Luca Terracciano, Napoli.
Il vestito verde proprio non le piaceva, dopotutto la madre era stata chiara: col verde ogni bella donna si perde, come recitava l’antico detto. Quello nero era perfetto, nonostante la sua corporatura esile. Era stata a lungo nel negozio ma alla fine aveva deciso.
La primavera si avvicinava senza chiedere permesso, c’era il sole nel vicolo.
Andava tutto bene, era tutto pronto per la festa.
Trucco, parrucco, un sorriso. I capelli corvini erano raccolti in uno chignon che le lasciava cadere alcune ciocche sul viso. Guardò l’orologio: mancava poco. Si affacciò al balcone che si apriva sul vicolo e a sinistra osservò l’incrocio a forma di lettera ‘T’ dove passeggiavano i passanti. Sembravano tante figure colorate, chi aveva buste della spesa in mano sembrava una formica pronta a trasportare nella tana il cibo per l’inverno. Una signora a una finestra di fronte innaffiava delle piante. Si appoggiò con la schiena verso la ringhiera e lasciò ai rumori della strada, coi clacson delle auto e le grida dei bambini che facevano i capricci, la possibilità di avvolgerla e di arrivare alle sue orecchie.
Il telefono di casa squillò, andò a rispondere. Ritornò alla balconata e in quel momento uscì il fratello dalla cucina. Le disse che era bellissima, lei sorrise toccandosi i capelli e gli chiese di scattare una foto. Nell’immagine lei guardava verso il basso, ammiccando verso le mattonelle chiare del pavimento del balcone. Guardò il cellulare più volte finché arrivò il messaggio tanto atteso, prese la borsa e scese.
Chiaia brulicava di presenze in quel pomeriggio. Arrivò al locale in perfetto orario, salutò gli amici, prese un calice di spumante e trovò posto a sedere. Le statue della mostra, tutte nere e lucide, erano ai lati mentre il proiettore mostrava le immagini della creazione. Si vedevano le mani di lui mentre modellava le figure, solo alla fine lui apparve coi suoi occhiali dalla montatura minimale e il suo bel sorriso, quei capelli castani che lei desiderava accarezzare. Lui parlava ad un microfono dietro a un tavolo, la conferenza continuò tra risate e domande dei giornalisti.
La festa iniziò a fine conferenza: buffet, musica allegra, le sedie spostate dal centro della sala creando un’improvvisa pista da ballo. Molti parteciparono a quella discoteca inaspettata, nella cornice delle statue. Lei si avvicinò a lui per complimentarsi, parlarono da soli per molto tempo. Lei col suo vestito scuro come i capelli voleva tanto confessargli che volesse essere una di quelle statue, essere creata da lui, sentire le sue mani che la modellavano. L’idea di sentire le sue dita seguire le curve di un corpo che da quando lo aveva conosciuto non sentiva più suo ma che appartenesse a lui e solo a lui la inebriava.
“Vuoi venire con me a Milano? Così mi aiuti per la mostra che devo allestire lì”.
Non ascoltava più la descrizione della mostra, lui che spiegava il perché di quel viaggio. Vedeva già una valigia trascinata verso un treno che le avrebbe portato magari una nuova occasione di felicità. Sorrise. C’era da organizzare il dépliant della prossima mostra e sì, ci avrebbe pensato lei. Con molto piacere.
Emilia Sensale